Mörk Börg


Dal 2010 circa subisco il fascino dei GDR minimalisti. Se vedo qualcosa del tipo “gioco di ruolo universale che sta tutto in una pagina” lo compro, anche se so che il più delle volte rimarrò deluso, o per lo meno freddino. Il fatto è che dopo l’abbuffata di regole che era D&D 3.5 ho iniziato a osservare che tutto ciò che vi era di memorabile in una sessione derivava dalla creatività e dall’interazione reciproca dei giocatori. Mai e poi mai ci siamo ritrovati a rimembrare con nostalgia la volta in cui il mago di Mirko è riuscito a ottenere un +12 grazie a un’astuta combinazione di incantesimi. Piuttosto ricordiamo la scena in cui il guerriero di Mauro ha deciso di abbattere un rugginofago a scarpate per non rovinare la sua arma nuova. Non ricordiamo i passaggi di livello, ma le scene insolite. Non ricordiamo la spada +2 del personaggio di Beppe, ma la sua sconsiderata idea di fare rumore nel dungeon cercando di picconare via dal soffitto una luce magica.

Insomma, a un certo punto mi sono domandato: ma tutte ‘ste regole a cosa servono? E da lì in poi è stato come entrare nella tana del Bianconiglio.

Un giochino davvero bello che stiamo sperimentando in questo periodo è Mörk Borg. Lo sto giocando con il gruppo e pure in solitario. Non credo che abbia bisogno di presentazioni perché ha fatto molto parlare di sé ed è uscito da qualche anno. Secondo me rappresenta benissimo i pregi dei regolamenti minimalisti, sia per il gioco in gruppo che per quello in solitario.

Nel gioco di gruppo ho assistito a una rinascita della fantasia dei giocatori. Abbiamo sperimentato due o tre sessioni come non se ne vedevano da almeno dieci anni, cioè sessioni governate da giocatori immersi e proattivi, che volevano far succedere le cose, che avevano obbiettivi per i propri personaggi e proponevano scelte orientate a quegli obbiettivi. Tanto per fare un esempio, ho trascorso la sessione più recente reagendo alle scelte dei giocatori, tramite improvvisazione e aiutato dalle tabelle casuali messe a disposizione dal gioco. Il cuore dell’avventura è stato appena sfiorato, ma nessuno ha sentito la mancanza di un climax precostituito, perché le vicende tragicomiche dei personaggi hanno dominato la scena. Una parte di questo risultato è dovuta soprattutto alla estrema leggerezza del regolamento. E’ un dato di fatto che se i giocatori sono liberi dall’incombenza di gestire un regolamento complesso hanno più tempo per immaginarsi situazioni e aspetti del personaggio. In fondo è un gioco di ruolo, non un gioco matematico. Dal lato Master, gli elementi a favore sono: semplicità estrema nel creare avversari e PNG al volo, presenza di tabelle casuali che stimolano la fantasia perversa dell’arbitro di gioco, grande caratterizzazione del mondo di gioco, tiri di dado eseguiti sempre dai giocatori.

Nel gioco in solitario ho adottato il regolamento base e inizialmente l’ho accoppiato a Solitary Defilement, un supplemento dedicato.

Tuttavia Solitary Defilement non mi ha soddisfatto molto e ho finito per ritornare a Mythic. Le ragioni di questa scelta sono da ricercarsi nella natura di Solitary Defilement, che è un po’ un pasticcio tra le meccaniche di Ironsworn e una serie di tabelle casuali. Molti ne parlano bene, ma io davvero non sono riuscito a entrare nello spirito giusto. Comunque Mörk Borg + Mythic GME è un’accoppiata che funziona benissimo. Io per buona misura ci ho aggiunto Feretory, un altro supplemento che contiene regole per i viaggi, la caccia, mostri e oggetti aggiuntivi.

Inoltre uso gli strumenti messi a disposizione sul sito ufficiale di Mörk Borg, tra cui un generatore di dungeon basato sulle tabelle del regolamento base, integrate un po’, e un generatore di mostri che si trova anche nella copertina interna di Feretory.

Viaggia che è una meraviglia, non rimango mai a corto di idee e il gioco è di una brutalità selvaggia che ricorda un D&D scatola bianca in salsa heavy metal e le tabelle casuali sono un delirio divertentissimo.

Per chi vuole provare il gioco senza spendere un centesimo (ma privandosi del tripudio visivo del manuale cartaceo) segnalo che dal sito ufficiale è possibile scaricare il manuale delle regole complete senza grafica.

Non ci sono scuse: keep gaming.

Mordheim, il capolavoro involontario


Posto un articolo dopo molti mesi di assenza, più come una riflessione personale che per comunicare qualcosa. Recentemente ho spostato la mia attenzione dal gioco di ruolo in solitario (che comunque sto ancora esplorando) ai giochi di miniature in solitario, dato che mi diverte anche l’aspetto hobbistico di questa attività. C’è un piacere infantile e gioioso nel costruire, modificare e dipingere quelli che sono a tutti gli effetti dei soldatini. Risveglia la mia anima (da tempo sopita) di modellista. Stesso discorso per gli scenari: terreni, rovine, alberi… sono un’iniezione di creatività di cui avevo bisogno. Ho quindi provato vari giochi, tra cui il bellissimo Rangers of Shadowdeep, e ho letto molti regolamenti, alcuni belli, altri un po’ meno.

Tuttavia, al di là del gioco in solitario, ci sono dei “mostri sacri” nel gioco skirmish con miniature che non possono essere ignorati. Mordheim è uno di questi. Avevo letto il regolamento di Mordheim molti anni fa, ripromettendomi di giocarlo prima o poi. Ogni tanto (ma tanto tanto…) costruivo un pezzo di terreno, due rovine, una casa diroccata, pensando “questo andrebbe bene per Mordheim” e dimenticandomene per mesi.

Com’è, come non è, in questo periodo mi sono trovato a scoprire di nuovo questo gioco, anche se non è un gioco in solitario. Esistono a ben vedere dei sistemi della casa per giocare da soli, ma secondo me snaturano il gioco. Mordheim è un’esperienza sociale, un divertimento di gruppo, una narrazione condivisa.

Mordheim è, per usare le parole di Vince Venturella, un “capolavoro accidentale”. Games Workshop non aveva previsto il successo che ha avuto, non aveva la minima idea della longevità della community che si è sviluppata intorno a questo gioco e decisamente non desiderava supportarlo più di tanto. E’ un gioco uscito nel 1999, il suo supporto ufficiale è cessato nel 2003, se non vado errato. Come dire, non vi stupite se oggi alla GW spingono giochi mediocri e affossano quelli meglio riusciti, sono vent’anni che si comportano così.

Epperò.

Epperò alla guida del progetto c’era tale Tuomas Pirinen, e alla parte grafica c’era John Blanche. Genio puro. Libero da condizionamenti “corporate” e dai vincoli politicamente corretti che avrebbe invece al giorno d’oggi, Blanche ha usato uno stile potente, grimdark, irriverente, ricco di humor nero e dettagli macabri. Ha persino dato inizio senza saperlo a uno stile di pittura di miniature, completamente opposto a quello pulito, asettico e schematico adottato ufficialmente dalla GW. Cercate su Google il termine “Blanchitsu” e godete.

Non esistono più miniature ufficiali di Mordheim, tranne che su Ebay, di solito a prezzi ridicolmente alti. Il bello è che la community ha interiorizzato l’estetica di Mordheim e si è sbizzarrita nella nobile arte del “kit bashing” (se non siete modellisti, googlate pure quello). I risultati sono spettacolari, in alcuni casi molto al di sopra degli originali. Date un’occhiata al magazine online 28 (https://28-mag.com/) per comprendere il livello a cui viaggiano certi appassionati. Il numero 2 in particolare è dedicato a Mordheim.

I regolamenti, aggiornati, ripuliti e integrati, sono disponibili gratuitamente online. Il sito di riferimento, dopo la chiusura della sezione “specialist games” da parte della GW (altra mossa geniale, non sbagliano un colpo, eh?) si chiama Broheim. Qui si trova di tutto, dalle regole alle espansioni, dalle bande aggiuntive agli articoli delle fanzine e delle riviste ufficiali.

Quindi non ci sono scuse per non giocare a Mordheim. Sto cercando di coinvolgere qualche amico in questo mondo, ci sono un paio di candidati facili da convincere (Mescal per esempio è una corda di burro, è bastato fargli fare una partita di prova), mentre un altro paio sono un po’ più ostici, ma posso farcela. E’ come far partire un transatlantico, ci vuole un po’ prima che prenda l’abbrivio, ma poi non lo fermi più. L’ho fatto tanti anni fa con il gioco di ruolo, posso farlo ancora. Confido nella qualità del gioco, più che nella mia capacità di lodarne le virtù. Intanto posto le immagini del mio tavolo da gioco e delle bande che ho preparato. Hai visto mai…

Keep gaming.

La mia banda del Culto dei Posseduti
Una SECONDA banda di posseduti, perché mi sa che la prima morirà presto e male…
Questi sono i non morti di Mescal
Cacciatori di streghe

Maze Rats


Il mio rapporto con il dungeon è sempre stato conflittuale. Da un lato è il tipo di gioco con cui ho iniziato e ci sono affezionato. Dall’altro è noioso da preparare e soffre molto di vecchiaia. Ogni tanto leggo un regolamento “old school renaissance” e mi faccio prendere dall’entusiasmo, ma di solito la cosa si sgonfia presto. Forse sono io ad essere troppo vecchio per queste cose, o forse sono i retrocloni che somigliano ai loro progenitori anche nei difetti.

Ogni tanto però scopro la perla nel fango. Questa volta la perla è Maze Rats, di Ben Milton. Qualcuno forse lo conosce già per il suo canale Youtube, Questing Beast, in cui parla diffusamente di old school gaming e in particolare recensisce manuali e avventure orientate a questo stile di gioco. Ben Milton però è anche un ottimo autore e lo dimostra, tra l’altro, con questo Maze Rats.

Il gioco sta comodamente in poche pagine. Ha un layout orizzontale che può piacere oppure no. A me non fa impazzire, ma poco male, perché esiste anche una versione in formato opuscolo. Su Drivethrurpg si può acquistare il pdf per 4,99 dollari.

Che cos’è Maze Rats? Un gioco di dungeon, sicuramente, ma in generale un gioco old school. C’è una pagina dedicata alla creazione dei dungeon tradizionali, ma ce ne sono anche una dedicata alla creazione di avventure in città e una alle avventure nella natura selvaggia. Una pagina sola per ciascuno di questi argomenti? Sì, perché dire che Maze Rats è un regolamento denso non rende giustizia alla mole di informazioni che l’autore è riuscito a compattare in dodici pagine. Per la maggior parte sono tutte tabelle, organizzate in 36 voci ciascuna. Si può generare casualmente ogni cosa, a partire dall’aspetto e dal carattere del personaggio fino agli ambienti dei dungeon per arrivare alle ricompense per gli avventurieri. E’ talmente ben fatto che ogni master che si rispetti dovrebbe avere una copia di Maze Rats sempre con sè, anche se gioca a D&D o a qualsiasi altro gioco fantasy, perché il manuale è una vera miniera di idee e aiuta a generare al volo la maggior parte delle informazioni che potrebbe essere necessario improvvisare in una sessione di gioco.

Il sistema è semplicissimo: ci sono tre caratteristiche, espresse tramite bonus: Forza, Destrezza e Volontà. C’è un valore di armatura (6 + bonus derivanti da scudo e corazza) che bisogna superare con 2d6 per colpire l’avversario. Il danno è la differenza tra il tiro e l’armatura. I punti ferita iniziali sono 4, e già lì capisci un sacco di cose. Ci sono al massimo sette livelli e, se si vuole, un incantesimo al giorno, e col passare dei livelli non è che le cose migliorino molto. A parte il combattimento, non si fanno prove attive, ma solo difensive: ogni volta che si deve evitare di subire una conseguenza negativa di qualsiasi genere, il master impone un tiro difensivo (di forza, destrezza o volontà): 2d6 più eventuali bonus, se si ottiene 8 o più, si supera la prova, se no MUORI, PREDA! Essenziale, nessuna concessione al successo facile: può essere carino, ma niente di speciale. Cosa rende Maze Rats degno di essere giocato?

Innanzitutto il sistema magico: puro divertimento. Ogni giorno si “crea” un incantesimo diverso: si tirano gli effetti su un paio di tabelle e ti può venir fuori qualcosa come “Ice Monolith” o “Intoxicating Sphere”. Sta al giocatore, con la guida del Master, di riempire di significato questa espressione, inventando le applicazioni possibili dell’incantesimo e possibilmente, al momento del lancio, forzando la mano alle linee guida imposte dal Master, dando così prova di machiavellica attitudine a usare in maniera impropria un incantesimo apparentemente inutile.

In secondo luogo, il gioco riprende e valorizza un elemento della vecchia scuola molto importante: la creatività del giocatore. Il gioco è ridicolmente difficile se affrontato in maniera “picchia e spacca” alla D&D post-terza-edizione. Al contrario, l’essenza di Maze Rats dovrebbe essere di prepararsi con anticipo, essere cauti, prendersi tutti i vantaggi possibili, evitare del tutto il combattimento (quando si può), parlamentare con i mostri, fuggire senza vergogna se le cose si mettono male. Insomma: usare la testa.

Non è per tutti: se non vi fidate del vostro Master, evitate. Se non avete un Master creativo, che sa improvvisare, che apprezza le buone idee in barba alle statistiche, che premia gli audaci ma non gli stupidi, evitate. Se avete un Master che gioca contro di voi, evitate. In tutti gli altri casi, è consigliatissimo.

Apprendo adesso che è in cantiere una versione 2, attualmente in kickstarter.

Viste le premesse e vista la presenza di tutto quel ben di Odino di tabelle, ho provato Maze Rats in solitario e ho scoperto che è molto adatto a questa modalità di gioco. Esiste anche un supplemento chiamato Maze Rat, scaricabile gratuitamente da drivethrurpg, che contiene gli oracoli e qualche consiglio per giocare da soli. In realtà va benissimo anche un emulatore generico tipo Mythic. Per chi vuole provare le atmosfere vecchia scuola con un regolamento ultra-light molto originale, Maze Rats è davvero ottimo. Forse non è adatto a esperienze orientate all’azione esasperata, perché gli antagonisti vanno generati tramite tabelle e non c’è un vero e proprio bestiario, e perché non c’è modo di pompare il proprio personaggio abbastanza da farlo sopravvivere a molti incontri consecutivi. Qui si muore male e si muore spesso, è un gioco per chi assapora con calma le atmosfere, riflette, fa strategia per ottenere quel vantaggio in più sul prossimo tiro di dado che fa la differenza tra la vita e la morte e, soprattutto se giocato in solitaria, permette di apprezzare l’interazione pacifica con i PNG generati casualmente dalle tabelle, perché questi PNG hanno la tendenza a essere molto interessanti.

Un giochino con enormi potenzialità, provatelo e poi ditemi.

Keep gaming.

One D&D e le regole della casa


Nel mondo del GDR si è creato un piccolo tsunami di opinioni contrastanti quando Wizards of the Coast ha annunciato il progetto per la prossima edizione di D&D. Che poi non è nemmeno una nuova edizione, a sentire loro. Si tratterebbe di un nuovo modo di intendere D&D, con un regolamento retrocompatibile al 100% con la 5ed e nonsisaquanto% compatibile con le altre edizioni. La novità starebbe nello spostamento dell’accento sugli strumenti digitali di supporto al gioco e nelle revisioni incrementali al regolamento. Quasi a voler scoraggiare la stampa e l’acquisto di nuovi manuali cartacei. Digital delivery anche per il GDR tradizionale? Boh, in realtà siamo ancora nella fase – che io detesto con tutte le mie forze – del bla bla bla del marketing. In particolare, trovo insopportabile l’approccio americano alla promozione dei prodotti, in cui tutti si devono per forza mostrare “superexcited” per le mirabolanti novità e cercano di stuzzicare l’interesse di ogni singolo potenziale compratore senza dare dettagli concreti a nessuno. Ho guardato il teaser, da cui si può dedurre tutto e il contrario di tutto.

Ora, delle edizioni di D&D più recenti non mi interessa quasi nulla. Dopo aver giocato alla 3.5 per dieci anni, ho saltato a piè pari la 4, ho leggiucchiato la 5. Non sento la necessità di un’altra edizione, nè mi allettano particolarmente i meravigliosi strumenti digitali promessi dai Maghi della Costa (cioè Hasbro), che peraltro mi stanno un po’ sulle balle, come tutte queste megacorporations senz’anima che eseguono reset periodici di prodotti che vanno già bene così, solo per indurre i ragazzini ingenui e i vecchi collezionisti onanisti a ricomprarsi tutto il catalogo: GW, Marvel, ma anche i produttori di automobili, l’industria del cinema e un milione di altri ladri legalizzati. Tutta gente che ci considera bestiame da mungere e forse hanno anche ragione.

L’idea è questa… boh

Un po’ delle chiacchiere a vanvera presenti nel teaser però mi hanno stimolato alcune riflessioni. Innanzitutto l’idea di considerare D&D un prodotto ormai ben collaudato e non bisognoso di una vera e propria nuova edizione non è malvagia. Bisogna vedere se terranno fede a questa promessa (secondo me no), però il principio è vero. Si può limitarsi ad aggiungere roba a un sistema che è piuttosto robusto, invece di eseguire un reset totale.

Ma io andrei oltre. Mi spingo a dire che ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che D&D è sempre stato “One D&D”. E’ un gioco che nasce flessibile, modulare, cangiante sin dalla sua prima edizione. Niente è mai stato scolpito nella pietra e i creatori del gioco non ne hanno mai fatto un mistero. I Master erano addirittura incoraggiati a crearsi la propria versione delle regole, aggiungendo house rules, eliminando regole sgradite, cambiando le procedure. Persino l’iconico dado a venti facce era tutt’altro che immutabile. Dave Arneson ammise che quando non avevano un d20 usavano 3d6 e nessuno si stracciava le vesti. E poi c’è la celeberrima frase attribuita a Gygax secondo cui “i dadi si tirano solo perché fanno un bel rumore”. Con il progredire delle edizioni si crearono distinguo e spaccature del tutto artificiose, ma non credo di dire un’eresia se sostengo che ci sono in circolazione alcune centinaia di migliaia di versioni di D&D, solo una decina delle quali sono state pubblicate. Ogni gruppo ha regole della casa, ogni Master aggiunge qualcosa o toglie qualcosa dalle regole. D&D sta in piedi lo stesso, perché alla fine della fiera le regole di D&D non sono quelle che si leggono sui manuali. Sono quelle che si apprendono per emulazione, provando a giocare e vedendo come giocano gli altri. D&D è un particolare tipo di contratto sociale, un atteggiamento, un genere, una creative agenda, prima che un set di regole. Ecco perché, al di là del marchio, se stai giocando a Pathfinder stai giocando a D&D; se giochi a un gioco OSR stai giocando a D&D; sei ti fai il tuo gioco personale che comprende classi, tiri per colpire e tiri per fare danno, ambientazione fantasy, distribuzione tradizionale dell’autorità narrativa, stai giocando a D&D.

In quest’ottica sanno di stantio le discussioni sui poteri della classe del ranger o sulla possibilità o meno che i mostri ottengano un critico e sanno di falso le operazioni di restyling di classi e incantesimi. Stiamo giocando tutti allo stesso gioco da almeno quarant’anni, non facciamoci gabbare da chi ci vuole vendere un’edizione specifica solo perché sono trascorsi dieci anni dalla precedente. Giochiamo pure a D&D, una versione pubblicata o una cotta in casa, oppure spostiamoci nel fertile territorio dei giochi nuovi, intendendo per “nuovi” quelli con meccaniche nuove e concetti rivoluzionari. Ma il prossimo che mi parla di bilanciamento delle classi si becca un d20 in un occhio.

Keep gaming.

Solo GDR – James Turner’ s GM Apprentice


Ciao, giocatori di ruolo solitari! Ho appena scoperto un tool veramente interessante:

James Turner’s GM Apprentice

E’ una paginetta web che contiene una MONTAGNA di oracoli e strumenti tratti da giochi di ruolo solitari, supplementi, generatori random ecc. Basta cliccare su “Reroll” e tutti i campi vengono rinnovati. L’ho provato ed è bellissimo. Probabilmente molti lo conoscono già, ma per altri sarà un fulmine a ciel sereno.

Lo sapevate?

Sapevatelo!

Keep gaming.

Solo GDR – Solo Investigator’s Handbook


Questa volta vi parlo di un libretto davvero interessante, che mi ha fatto vivere alcune avventure a Call of Cthulhu molto convincenti. Si tratta del “Solo Investigator’s Handbook” di Paul Bimler.

Come sempre, lasciate ogni speranza oh voi ch’entrate se non sapete un po’ di inglese: il volume in questione non è tradotto in italiano e credo che non lo sarà mai, come la maggior parte dei prodotti più interessanti e/o indie pubblicati nel mondo.

Per tutti gli altri: tenetevi forte, si gioca a Cthulhu in solitaria e lo si fa in grande stile.

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Solo GDR – Ironsworn


Ironsworn rappresenta attualmente un unicum nel panorama ludico contemporaneo. Non sono a conoscenza di altri prodotti paragonabili ad esso a livello di struttura e concept. In pratica è un GDR che può essere giocato in modalità solitaria, cooperativa masterless o “guidata”, cioè con i tradizionali giocatori e un master.

E’ un gioco basato su meccaniche simili a quelle dei giochi “powered by the apocalypse”, vale a dire Apocalypse World, Dungeon World e una pletora di altri giochi derivati. Questa non è la sede per enumerare i pregi dei giochi “powered by the apocalypse”, ma è opportuno dire che rappresentano un modo nuovo di approcciarsi al gioco di ruolo. Favoriscono molto due elementi moderni del gioco di ruolo, cioè il “fail forward” e la creazione incrementale dell’ambientazione (o almeno di parte di essa), dando autorità narrativa limitata ai giocatori.

Ironsworn fa tesoro di questa lezione e ne amplia gli orizzonti. L’intuizione geniale a mio parere è aver capito che le meccaniche dei powered by the apocalypse sono adatte al gioco in solitaria o comunque masterless. Non è necessario predeterminare la difficoltà delle varie azioni svolte dai personaggi, ma sono le stesse “mosse” effettuate dai giocatori che hanno come esito una gamma di situazioni che muovono la trama in avanti, senza limitarsi al binomio successo-insuccesso, che fa affidamento sul master per determinare cosa succeda in concreto nel caso di insuccesso.

Ironsworn prende questo sistema e ci innesta sopra una serie di “oracoli” (che ormai sappiamo tutti essere il motore preferito dei giochi in solitaria). Il tutto in un’ambientazione selvaggia, di frontiera, che può essere personalizzata prima del gioco e raffinata successivamente con il dipanarsi della storia.

Il mio primo impatto con Ironsworn è stato freddino. Ho scoperto che esisteva un gioco nuovo, liberamente scaricabile. Sono andato sul sito ironswornrpg.com e l’ho frainteso completamente. Mi sembrava il classico gioco di ruolo fantasy fatto in casa, con molte velleità ma poca sostanza, e per di più con regole troppo complicate. In più, le illustrazioni sono fotografie di stock che danno al manuale un tono amatoriale che di più non si può. Abbandonato quasi all’istante.

Ma bisogna sapere quando è ora di ammettere i propri errori. E con Ironsworn ho sbagliato alla grande. Alla grandissima. Perché questo è proprio un gran bel giochino, ragassuoli. Ed è molto innovativo, probabilmente ha già iniziato a fare la storia. C’è in cantiere un porting fantascientifico e nel mondo del solo GDR se ne parla in continuazione. Esiste anche un’espansione chiamata “Delve” che completa le regole permettendo l’esplorazione (e prima ancora la generazione casuale) di “dungeon” di varia natura.

Il fatto è che quando ti metti di buzzo buono e fai la fatica di assimilare le regole, ti si spalanca un mondo, perché sistema di gioco, oracoli, generatore di nomi, tabelle ecc. sono tutti elementi integrati perfettamente per svolgere un unico compito: portare avanti la narrazione. Qui non si parla di spade +1 o oggetti magici eclatanti, non si ragiona di ingombro e velocità di movimento tattico, di turni e round, e nemmeno di blocchi di statistiche degli avversari. C’è una narrazione che, una volta acquisiti i rudimenti del sistema, fluisce ininterrottamente costruendo una storia epica senza sforzo. Con il binomio “GDR tradizionale + Mythic” sento sempre che mi manca qualcosa, che devo metterci tanto di mio per far funzionare la narrazione, e anche così ho sempre la sensazione che sto “barando”, che mi sto raccontando una storia come se fossi il Master iper-indulgente di me stesso. Con Ironsworn non ho questa sensazione. Ho piuttosto la sensazione di essere nelle mani capaci e salde di un Master incorporeo, che mi presenta sfide e ricompense (o guai) con suprema imparzialità e straordinaria creatività.

Le regole non sono facili, sebbene il sistema di risoluzione delle azioni (o meglio delle “mosse”) sia molto semplice. MA cosa ci sta a fare qui il vostro affezionato Pennymaster, se non per indicarvi la retta via? Eccovi quindi il modo migliore con cui è possibile acquisire il regolamento e contemporaneamente avere davvero un quadro di cosa può arrivare a offrirti questo gioco, ed è quello di guardare la seconda stagione di “Me, myself and die“.

In questo show su youtube, un voice actor molto brillante di nome Trevor Devall gioca un’intera campagna in solitario utilizzando Ironsworn come sistema di gioco. Il risultato è divertentissimo. E’ una specie di Matt Mercer del gioco solitario. Vi verrà voglia di giocare ad Ironsworn prima di subito. Ahimè, l’intera esperienza (gioco e show) è solo per anglofoni abbastanza navigati, ma non si può avere tutto dalla vita, giusto?

Provate, mi ringrazierete.

Keep gaming.

Solo GDR – Mythic + Numenera


Possiedo Numenera da quando è uscito in italiano, acquistato a Lucca con tanto di autografo di Monte Cook. Il sistema Cypher mi è piaciuto da subito, per la sua semplicità e flessibilità, ma non sono mai riuscito a organizzare una campagna di Numenera con il mio gruppo di gioco abituale, perché c’era sempre qualcos’altro da fare. Inoltre devo ammettere che ero frenato dal fatto di conoscere i gusti dei miei giocatori, i quali sono a loro agio solo con il Fantasy “classico” e con l’horror. Numenera è un’ambientazione che ha un senso solo per chi ha un retroterra culturale ricco di opere al limite tra fantasy e fantascienza, o almeno opere ispirate al vecchio adagio secondo cui ogni tecnologia sufficientemente progredita è indistinguibile dalla magia. Le atmosfere sono modellate su libri come Cloud Atlas, nella parte in cui descrive la società di un futuro lontanissimo, oppure il capolavoro di Gene Wolfe, il ciclo di Urth del Nuovo Sole. Le influenze non si fermano qui, ma quelle citate rappresentano il minimo sindacale. Chiunque non abbia questo tipo di infarinatura trova difficoltà quasi insormontabili nel cogliere l’atmosfera che permea l’ambientazione. Per questi motivi ho sempre dubitato della mia capacità di convogliare questa atmosfera ai miei giocatori, che dal canto loro si sono sempre mostrati freddini sul versante fantascienza (anche quando si avvicina al fantasy).

Morale della favola: Numenera parcheggiato sine die.

Durante il lockdown ho tentato una sessione online, contando di poter compensare la carenza di un bagaglio visuale comune con illustrazioni mostrate a schermo ed effetti sonori. Avevo persino iniziato a ritrarre i personaggi. Ecco per esempio il PG di Mescal, un Tech itinerante, scassato e impolverato alla Mad Max, con tanto di braccio meccanico di bellezza.

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Solo GDR – Mythic GM Emulator


Eccomi qui a scrivere di Mythic, il nonno e il più famoso degli emulatori di GM Master. Mythic GM Emulator si basa sull’assunto che sia possibile simulare la presenza di un Master creando l’avventura in maniera incrementale, tramite due strumenti:

  1. un “oracolo” che risponde a domande formulate in modo da dare come risposta un sì o un no.
  2. la scomposizione dell’avventura in “scene”, impostate usando l’oracolo di cui sopra e una tabella che associa verbi e sostantivi in maniera casuale per generare idee. Tali idee, contestualizzate dal giocatore, possono dettare qualsiasi cosa: dal carattere di un PNG alle sue motivazioni, alla natura di un pericolo, alla caratteristica principale di un incontro ecc.

Non voglio addentrarmi nella minuziosa descrizione di come funzioni il sistema nei dettagli, perché finirei per riprodurre il manuale, che dà molti consigli utili su come usare le meccaniche di cui sopra.

Prima di sperimentare Mythic ho provato a guardare qualche video su youtube, dove alcuni giocatori condividono la loro esperienza di gioco giocato oppure mostrano la sessione di gioco nella sua interezza. Devo dire che soltanto allora ho cominciato a capire le potenzialità e le possibili difficoltà di utilizzo di questo emulatore.

Le potenzialità sono immense. E’ incredibile quanto lontano si possa andare con delle semplici domande a cui l’oracolo risponde con sì, no, eccezionalmente sì ed eccezionalmente no. La probabilità che esca il risultato “sì” dipende da due fattori: la generica probabilità stabilita dal giocatore (“è probabile che dall’altra parte della porta ci sia un mostro”) e il fattore di caos, che parte da un valore intermedio di 5 e si alza e si abbassa a seconda di quanto il personaggio abbia il controllo della situazione nella scena precedente. Per esempio, se mi trovo in un dungeon infestato da non morti e ne ho già affrontati alcuni, posso giudicare che sia “molto probabile” che dall’altra parte della porta ci sia un non morto. Se poi sono scampato per il rotto della cuffia da un incontro difficile e sono ferito (fattore caos +1, cioè poniamo che sia giunto a 6), la probabilità che dall’altra parte della porta ci sia un non morto è del 90%. Se viceversa mi trovo in un villaggio di contadini, sto per entrare in una locanda da cui sento provenire canzoni e chiacchiere, posso chiedermi “c’è un non morto dall’altra parte”, ma ragionevolmente la probabilità di questo evento è “impossibile”, per cui con un fattore di caos di 5, dietro alla porta della locanda potrebbe esserci un non morto solo con un tiro di 1-5 su un d100. Ovvio che se poi c’è davvero, devo inventarmi una giustificazione plausibile e la cosa è una specie di gioco nel gioco.

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Solo GDR – Scarlet Heroes


Scarlet Heroes è un gioco del 2014, edito da Sine Nomine Publishing, una casa specializzata in giochi OSR con un qualcosa in più, come i bellissimi Stars Without Number e la sua controparte fantasy Worlds Without Number. L’autore, lo stesso degli altri giochi, è Kevin Crawford.

Questo gioco può fare da ponte tra la categoria dei giochi da tavolo con aspetti ruolistici, in cui possiamo far rientrare d100 Dungeon e Four Against Darkness, e i giochi di ruolo propriamente detti, giocati però in solitaria tramite un sistema di emulazione di Master. È pensato per essere giocato da un Master e un singolo giocatore, oppure da un solo giocatore senza Master. Esistono delle regole dedicate al gioco in solitario incluse nel gioco base, per cui mi sono detto che questa poteva essere un’occasione ottima per introdurmi ai misteri del solo GDR senza dover fare adattamenti a un gioco non espressamente creato per questo uso.

In questo post non voglio recensire in profondità il gioco, ma solo dare una panoramica della sua struttura per affrontare poi le mie impressioni di gioco in solitario. Il gioco è stato provato – ovviamente – nella modalità “solo”, usando soltanto gli strumenti messi a disposizione dal gioco stesso. Come sanno quelli che giocano in solitaria, questa è un po’ un’anomalia, dato che non è poi così infrequente che un giocatore di ruolo solitario finisca per avere sul suo tavolo sei o sette manuali e supplementi diversi: generatori di personaggi, tabelle di incontri casuali, emulatori di Master, oltre ai necessari manuali base.

In questo caso però volevo valutare l’autosufficienza del gioco, proprio in un’ottica di gioco entry level, o quasi, per un novizio del genere quale sono io.

Ma andiamo per ordine.

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