Solo GDR – James Turner’ s GM Apprentice


Ciao, giocatori di ruolo solitari! Ho appena scoperto un tool veramente interessante:

James Turner’s GM Apprentice

E’ una paginetta web che contiene una MONTAGNA di oracoli e strumenti tratti da giochi di ruolo solitari, supplementi, generatori random ecc. Basta cliccare su “Reroll” e tutti i campi vengono rinnovati. L’ho provato ed è bellissimo. Probabilmente molti lo conoscono già, ma per altri sarà un fulmine a ciel sereno.

Lo sapevate?

Sapevatelo!

Keep gaming.

Dieci anni di Altrimondi


WordPress mi ricorda che, evviva evviva, questo blog esiste da dieci anni! Dieci anni in cui sono successe un sacco di cose, ludiche e non, soprattutto non. Dieci anni in cui ho postato, ho sospeso, ho ripreso a postare, il tutto in puro stile Pennymaster, cioè discontinuo, caotico, singhiozzante. E va be’. Siamo ancora qui.

Il vecchio sito della Gilda

Nel frattempo sono arrivati due figli, traslochi, mutui, cambi di rotta sul lavoro, crisi economiche, riprese economiche, scuola, magagne famigliari, genitori malati e/o morti, depressioni, recuperi dalla depressione (parziali), qualche capello bianco in più, poi la pandemia, il lockdown, e adesso la maledetta d.a.d.. Insomma, tutto normale. Tutta vita.

Attualmente, posto poco. Gioco online (che faticaccia). Scrivo come un pazzo regolamenti e ambientazioni che nessuno giocherà mai. Ritardo nel perfezionare e completare i regolamenti e le ambientazioni che i miei giocatori invece vogliono giocare, perché l’autosabotaggio e la procrastinazione sono parte di me e non sia mai che rispetti una scadenza che sia una. Eccheccazzo, ho una reputazione da difendere.

Se ripenso a quando ho iniziato il blog, ho le vertigini. Sembra di parlare di un’altra persona, di un altro secolo.

E’ rimasta la voglia di giocare, di sperimentare, di trovarsi e far finta di…

Per cui, fedele al motto per cui non si smette di giocare quando si diventa vecchi, ma si diventa vecchi quando si smette di giocare, ribadisco il mio mantra: “Keep gaming!”

Call of Cthulhu: ebbene sì


Alla fine è giunto il momento di sporcarsi le mani. Giocare a un gioco di ruolo ispirato da Lovecraft è sempre stato un mio desiderio, ma mi sono volutamente astenuto dal farlo per una serie di motivi, che ho già spiegato in post precedenti, ma che si possono riassumere così: temevo di non essere all’altezza. Temevo che giocando a Call of Cthulhu o a qualche altro gioco ispirato dall’opera del Sognatore sarei rimasto deluso. Deluso dal gioco, che avrebbe potuto rivelarsi poco coinvolgente o poco tematico, deluso da me stesso come Master (o Custode, che dir si voglia), deluso dai giocatori, che avrebbero potuto rivelarsi poco inclini a ricreare le atmosfere lovecraftiane, finendo per giocare un gioco-frankenstein con le regole di Cthulhu e il sapore di D&D.

Ho quindi fatto quello che riesco a fare meglio: procrastinare, analizzare, soppesare, meditare. Prepararmi finché non mi sento sicuro. Che poi lo sanno tutti che quando uno fa così non si sentirà sicuro mai: “salta, e la rete apparirà” diceva il saggio. Il che è facile quando di una cosa ti frega solo fino a un certo punto. Se per esempio decidessi di provare Cyberpunk mi leggerei il manuale, tirerei insieme un canovaccio e via, ma Lovecraft è sacro. La paura di giocare a qualcosa che mi fa così gola e scoprire che invece è “meh” è troppo forte. Suono davvero come un nerd fragilissimo, lo so, ma sospetto che siamo in tanti. Tanto per far capire fino a che punto può arrivare il mio evitamento: non ho mai fatto vedere a mia moglie la trilogia completa di Guerre Stellari (se avete domandato “quale trilogia?” uscite di qui). Perché? Perché non riuscirei a sopportare una reazione che non fosse più che entusiastica. E siccome so che la reazione non sarebbe più che entusiastica perché mia moglie non si entusiasma per niente, soprattutto per le cose che piacciono a me, preferisco vivere nel dubbio, o meglio ancora coltivare l’illusione che se guardasse la dannata trilogia le piacerebbe tantissimo, ma proprio un casino. Mi chiederebbe persino di vedere anche la trilogia dei prequel, e io, con la trepidazione dell’appassionato che si fa carico di introdurre una mente vergine al Verbo, mi godrei i suoi commenti indignati sui buchi della trama, le incongruenze logiche, la mancanza della continuità con la trilogia originale, la noia assurda delle parentesi politiche, il disgusto per un personaggio come Jarjar Binks. Sarebbe un momento di comunione spirituale a livelli altissimi, una pietra miliare del nostro matrimonio che a confronto la nascita dei figli è stato un evento ordinario.

E invece no. Perché le probabilità che cose si verifichino diversamente sono schiaccianti. Tipo 9 a 1 o giù di lì. Il massimo che potrei ottenere sarebbe un distratto “carino” che suona come una presa per i fondelli. Quindi evito – mi crogiolo nelle illusioni ed evito.

Con Lovecraft è stato un po’ così, finché mi sono detto che la vita è breve e che è meglio una giocata venuta male che non giocare mai. Come dire che la perfezione è una chimera, una scusa per l’immobilismo.

E allora via: ieri sera l’abbiamo fatto. Avventura pubblicata di stampo introduttivo (Blackwater Creek), da giocare in una sera tanto per vedere come me la cavo e come se la cavano i giocatori. Le condizioni di partenza non erano proprio ideali: un Custode alle prime armi con il regolamento, e quattro giocatori completamente a digiuno del medesimo. Quando dico a digiuno intendo proprio inconsapevoli, del tipo “che dadi si usano in questo gioco?”. A ciò si aggiunga che solo uno su quattro conosce abbastanza Lovecraft, due su quattro hanno letto qualche racconto e uno non lo aveva mai sentito nominare. Far conoscere l’orrore cosmico a chi non ha mai letto Lovecraft è come descrivere i colori a un daltonico, ma quando decido di buttarmi deve essere senza paracadute perché – cacchio – devo vedere il sangue, e non importa se è il mio.

Alla fine ne sono uscito piuttosto soddisfatto. I giocatori sembrano essersi divertiti, l’atmosfera c’era e l’avventura è andata liscia come l’olio. Per inciso, è terminata in tre ore, con una scena madre in cui due investigatori sono scappati nei boschi in preda alla follia, uno è svenuto solo per essere consumato dall’Innominabile, e uno si è sparato una fucilata in bocca. Un successone! C’è da dire che i miei giocatori sono assuefatti al mio stile. Pure senza conoscere Lovecraft hanno avuto un forte deja vu perché il mio modo di masterizzazione horror risente moltissimo dell’influenza lovecraftiana. O, se volete, sono anni che giocano horror cosmico senza saperlo.

Non ci sono andato pesante con il regolamento, non aveva senso ammorbare tutti con dettagli minuziosi: la storia prima di tutto. Nelle prossime avventure introdurremo gradualmente dettagli meccanici, a partire dalla creazione del personaggio, che questa volta non è stata necessaria perché si trattava di personaggi pre-generati.

E anche questa è andata. Keep gaming.

Monster makeover – il rugginofago


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Yummy!

Ragazzi, questa è dura…

Il fatto è che a me il rugginofago piace pure, almeno come concetto: si tratta di un mostro che non si ciba di avventurieri, ma di qualcosa a cui loro tengono più che alla loro stessa vita: l’equipaggiamento. Però è vero anche che questo mostro puzza di bastardata del Master lontano un chilometro. La sanno tutti che è lì solo per liberare i personaggi di tutto quel metallo tanto faticosamente accumulato, e quando accade per rimediare goffamente a qualche errore del Master che ha dato una spada +5 vorpal sull’onda dell’emozione e poi se n’è pentito, questo mostriciattolo equivale a indossare una maglietta con su scritto “sono un Master di merda”.

C’è modo di salvarlo? Boh, intanto partiamo dal presupposto che un mostro così non deve MAI essere un mostro errante, o buttato lì a casaccio. Deve essere il cardine di un’avventura. Ci dovrebbe essere una specie di gentlemen’s agreement secondo cui una porcheria simile richieda che i giocatori abbiano il tempo di prepararsi.

In secondo luogo proviamo ad analizzare la sua fisiologia e il suo ecosistema di riferimento. Intanto: come si può evolvere un animale che si ciba solo di metallo? Non può. Il metallo in natura esiste solo in concentrazioni basse e di solito incastonato in parecchi metri cubi di roccia. Il manuale dice che si tratta di un’aberrazione, il che dovrebbe spiegare tutto, ma in fondo non spiega un fico secco. Diciamo allora che il rugginofago è un errore, un esperimento mal riuscito di qualche mago pazzo. Espediente loffio, ma per ora ce lo facciamo bastare. A cosa gli serve il metallo? A sopravvivere? Niente si ciba di metallo, un essere a base di carbonio non sa cosa farsene se non in quantità infinitesimali. Cosa potrebbe rendere necessaria una dieta con un’integrazione di metallo così importante? Dalla risposta a questa domanda dipendono le possibili varianti “rimpolpate” del rugginofago.

Ipotesi 1: il ferro è un integratore

Forse gli manca il ferro come alle capre manca il sale. Non è essenziale per la sopravvivenza, ma nel lungo periodo ne ha bisogno perché gli serve per i processi di ossidazione a livello di emoglobina. Poi magari ne assume una quantità smodata ma ne trattiene solo una minima parte, ma si è evoluto così, poveraccio, gliene vogliamo fare una colpa?

Se è proprio il ferro che va a cercare, non gli serve a nulla attaccare le armi degli avventurieri, che possono essere di bronzo o di acciaio. Anzi, possiamo assumere che la maggior parte della armi degli eroi non sia di ferro. Il rugginofago così immaginato però potrebbe attaccare le cotte di maglia di ferro, le fibbie delle giberne e delle cinture ecc., ma non può basare la propria sopravvivenza sugli sporadici incontri con gli avventurieri. Per lo più infesta le miniere, le caverne ricche di vene ferrose e le montagne con rocce piene di ossido di ferro, e si dedica agli accessori degli avventurieri solo come ghiottoneria occasionale. Quello che potrebbe renderlo interessante è il suo uso come aggancio per avventure. I personaggi non devono subirlo, devono andarlo a cercare. Una colonia di rugginofagi può essere un flagello per una miniera, e i minatori nani faranno di tutto pur di liberarsi di questi temibili competitori. Insomma, un’alternativa alla cantina infestata dai topi presente in tutte le campagne di basso livello. Ma pensiamo a dei rugginofagi piccoli, diciamo come topi. E pensiamo che delizia per i prigionieri delle segrete di un castello potersi procurare anche uno solo di questi piccoli amici… combiniamo le due idee e otteniamo una mini-campagna basata sulla cattura dei rugginofagi in una miniera infestata e sulla loro introduzione clandestina in una prigione.

Ipotesi 2: disintegra tutto il metallo e assimila la polvere di metallo

.. che è precisamente quello che sembra fare se si segue il manuale dei mostri. E cosa se ne fa? Per esempio si costruisce una corazza di metallo, letteralmente cresciuta intorno a un corpo altrimenti molliccio e indifeso. Quindi un rugginofago debole, ma con Classe di Armatura 34. Come lo abbattiamo senza armi di metallo? E quanto può far gola la corazza, che può essere fusa per ricavarne cinque o sei metalli diversi?

Ipotesi 3: non disintegra, teletrasporta.

E perché no? Magari Rugginofago è solo il cognome. In realtà le antenne toccano tutti gli oggetti magici e li spediscono in un luogo deciso dallo stesso mago pazzo che ha creato il rugginofago. Missione: trovare il padrone e strappargli tutti i peli del naso finché non restituisce il maltolto. E se le antenne funzionassero anche nei confronti di creature incantate? Da un lato questa proprietà potrebbe essere usata come escamotage per raggiungere il proprio equipaggiamento (basta un incantesimo benedizione per diventare una preda appetibile per il rugginofago), dall’altro potrebbe essere un sistema per catturare creature magiche.

Insomma, non so se queste idee possono servire a rendere interessante questo vecchio catorcio di mostro, ma qualche spunto qua e là non guasta di certo.

Keep gaming.

Coincidenze


Guardate i miei bambini dove hanno appoggiato i loro calamaretti giocattolo.

Può essere una coincidenza, in una collezione di diecimila libri (mal contati). Oppure è un indizio che le stelle si stanno allineando?

Iah! Cthulhu ftag’n!

‘A quarantena, m’hai provocato?


… e io te distruggo, quarantena. Parafrasando il mitico Albertone in “Un americano a Roma”.

E così alla fine ci siamo dati al digitale, obtorto collo, e per ora non è così malvagio. Sospesa la prova del sistema casalingo Star Wars, sospesa la campagna Dungeon Hack ambientata nei Forgotten Realms, sospese le sessioni sporadiche a Mondo di Tenebra, resta una gran voglia di giocare, una voglia che i giochi di ruolo per PC non riescono nemmeno lontanamente a calmare. Che facciamo? Dopo qualche incertezza iniziale noi ci siamo organizzati così:

  1. Una sessione a settimana a un gioco che sarebbe pensato per il solitario, ma va bene anche cooperativo, e si chiama Four Against Darkness, del geniale Andrea Sfiligoi. Per chi non lo conosce, si tratta di un generatore casuale di dungeon da affrontare con quattro personaggi appartenenti alle tipiche classi del gioco di ruolo più famoso coverdel mondo. Le regole sono semplicissime e il gioco riesce a ricreare le atmosfere dei primordi dell’hobby in una maniera incredibile. Il fatto che tutto venga gestito tramite tabelle non deve far pensare a un sistema macchinoso, anzi! Una volta acquisite le regole, tutto scorre fluido e rapido. Abbiamo deciso di provare questo sistema proprio perché è un ibrido tra un gioco di ruolo e un gioco da tavolo, almeno come spirito. Per condividere il dungeon disegnato in tempo reale dal sottoscritto abbiamo provato Roll20, uno dei tabletop virtuali in circolazione. E’ abbastanza intuitivo e funziona abbastanza bene (tranne la chat, che è un po’ instabile, ma forse è colpa del sovraccarico). L’esperimento è riuscito, ci stiamo divertendo e rispolveriamo un po’ quella semplicità di gioco che fa tanto old school. Date un’occhiata a Four Against Darkness: costa una stupidata, è divertente, si può fare da soli o in compagnia, ci sono avventure pubblicate, espansioni, illustrazioni sghembe in stile Erol Otus (ma invece sono in stile Sfiligoi)… insomma, ‘na figata.
  2. Abbiamo ripreso in mano il Cypher System, proseguendo una campagna iniziata quasi due anni fa e arenatasi senza un motivo particolare, a parte la mia incapacità come Master di gestire più di tre giochi di ruolo alla volta. Si tratta di uno spin-off di the-strange-corebook-2014-05-27una campagna di The Strange, ma in sostanza il regolamento è quasi uguale. Si chiama Soviet Zed, ed è un mix di The Strange e dell’ambientazione “Soviet” per Sine Requie. In pratica Soviet Zed è una ricorsione di The Strange: un 1958 alternativo in cui i non morti camminano sulla Terra sin dal giorno dello sbarco in Normandia, con… lievissimi effetti sulla struttura sociale complessiva. Per chi non conosce The Strange: una ricorsione è un piccolo mondo, una mini-ambientazione, in cui i personaggi arrivano “contestualizzati”, cioè adatti a quel mondo e a quel dato livello tecnologico, mantenendo intatta la coscienza di esploratori delle dimensioni alternative. E’ sufficientemente stramba da conquistarmi e molto, molto, molto distopica. Cioè, a confronto il manuale originale di “Soviet” (che già non scherza) è una favoletta per bambini. Sto proprio sfogando i miei istinti più bassi, ma sembra che i giocatori apprezzino.

Staremo a vedere cosa ci riserverà il futuro, ma mi pare che il gioco di ruolo sia un ottimo modo per conservare la sanità mentale in questa situazione paradossale in cui ci ha precipitati il virus.

Per cui, ora come non mai, keep gaming.

Tempera?


Domenica mattina. Mia moglie finalmente si è rassegnata al mio completo e – penso – irrimediabile ateismo, per cui si porta la bambina a Messa e via. Io e il piccolo pasticciamo con le tempere. E finisco per scoprire l’acqua calda, cioè che le tempere sono un medium fantastico, molto meglio di come me le ricordassi dai tempi atroci delle medie.

Intanto si diluiscono con l’acqua e, a differenza dell’acrilico, quando si seccano possono essere pulite facilmente, mentre l’acrilico diventa un blocco di plastica e ciao bella. Possono essere fatte “rivivere” con un po’ di acqua, il che si concilia con i miei tempi spezzettati da mille interruzioni (qualcuno ha detto bambini?). Ma soprattutto ho (ri-)scoperto il potere coprente paragonabile a quello dell’olio, ma senza puzza e senza tempi di asciugatura biblici, e la possibilità di sfumare i colori, che la velocità di asciugatura dell’acrilico rende un’impresa impossibile.

Insomma, le tempere sono belle. In un’ora scarsa (il tempo di una Messa) ho fatto questo:

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Che non è poi una ciofeca totale. Il soggetto rimane in tema Star Wars, perché sono monomaniaco, ma al tempo stesso multimediale… devo farmi vedere da uno bravo.

Girellando per Internet scopro che le tempere sono state usate da moltissimi artisti del Novecento, ed erano lo strumento preferito di una categoria di artisti che io ammiro molto, cioè gli illustratori di manifesti cinematografici. Praticamente tutti i manifesti dei film prima dell’avvento del digitale, quando non erano fotografie, erano tempere! Come spiega Jeffrey Watts, i tempi di consegna di queste illustrazioni (enormi!) erano brutali: tipo: “oggi è venerdì, lunedì devo avere il manifesto”. Cavoli. Escluso l’utilizzo di olio, l’unico modo di ottenere un prodotto finito con colori vibranti (più la facilità di utilizzo dell’olio) sono proprio le umili tempere. Su youtube ci sono dei video di gente che usa le tempere in maniera pazzesca.

E niente, un altro caso in cui quello che ti fanno odiare a scuola si rivela poi una figata a distanza di trent’anni. E va be’.

Dove eravamo rimasti?


L’ultimo post di questo blog risale al 20 dicembre dell’anno scorso, e ci sono un sacco di buoni motivi per cui ho dovuto fermarmi così a lungo. Un notevole rallentamento della mia attività ruolistica (a sua volta dovuta a molteplici cause, tutte riassumibili nell’espressione “vita reale”) è stata la causa principale di quello che dapprima è stato un lieve ritardo, poi è diventato un lungo ritardo, poi è stato da me rietichettato come la scelta di prendermi un anno sabbatico. Alla fin fine non avevo niente da scrivere, per cui ho fatto quello che quasi nessuno fa – e invece dovrebbe fare – quando non ha niente da scrivere: non ho scritto niente. Ora, a un mesetto abbondante dalla scadenza dell’anno sabbatico, mi è tornata la voglia di giocare di ruolo, di scrivere di giochi di ruolo e in generale di fantasticare un po’, per cui eccomi qui.

Tra poco inizierò una nuova campagna con il vecchio gruppo della Gilda Cacciatori Sedentari di Draghi, usando il “nostro” sistema Dungeon Hack, e finalmente ritorneremo nell’ambientazione che più mi mette a mio agio, vale a dire Forgotten Realms – anno 1376 CV, perché la quarta edizione non è mai avvenuta. Non è mai uscita, come Windows 8 o il remake di Ghostbusters. Roba da Mandela effect, non roba reale.

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Questa è l’ambientazione Forgotten Realms

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Anche questa è l’ambientazione Forgotten Realms

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Questa invece esiste solo in un universo alternativo in cui sono nato dopo il 2000

Ho appena ricominciato e già sto divagando. Comunque la campagna high fantasy epica che quasi subito tende a scivolare verso la cialtroneria è la nostra dimensione ideale, per cui ripongo grandi speranze in questo nuovo capitolo. La mia intenzione è di rinfrescarmi la memoria e al tempo stesso soppesare aspetti del gioco sotto una luce diversa man mano che la campagna procede. Cioè usare il blog per quello che è, cioè un diario pubblico. Interessante per pochi, si direbbe, anche se i contatti costanti durante un anno intero di silenzio mi fanno credere che sparse qua e là nelle mie farneticazioni ci siano ogni tanto anche questioni che qualcun altro oltre a me ritiene degne di lettura.

Comunque i miei venticinque lettori possono stare tranquilli: il tasso di sarcasmo e disperata autoironia dei post rimarrà invariato, così come il mio donchisciottesco tentativo di lavorare per un mondo debulshittizzato.

A presto e keep gaming.

Lovecraft e i GDR – parte sesta


Eccoci arrivati a parlare di un gioco che si presenta – testuali parole – come “The GMless storytelling game of brooding cosmic horror you’ve been waiting for”. Parleremo di:

Lovecraftesque

lovecraftesqueSpiacente se deludo qualcuno, ma l’ultima cosa che stavo aspettando era un gioco di storytelling, tanto meno GMless. Ho idee abbastanza precise su come gestire un gioco horror, e lo storytelling GMless non fa parte di queste idee. Avrei potuto fermarmi qui. Ma poi ho pensato: e se mi sbaglio e questo è il gioco lovecraftiano definitivo? E se mi sto perdendo la proverbiale perla nel fango? Ho quindi deciso di lasciare da parte le mie riserve sui giochi horror masterless, perché nella vita non si sa mai.

E così l’ho letto.

Il gioco si presenta con una copertina che riassume l’esperienza dell’acquirente di questo gioco: promette molto, sembra bella, in lontananza si intravede l’aurora boreale, c’è una installazione in stile “la Cosa” che evoca subito atmosfere accattivanti, e in primo piano c’è… una tizia, che ha una faccia meh che neanche a zummare si capisce se ha un occhio nero o se è fatta di pezzi cuciti come il mostro di Frankenstein.

La grafica interna però è bella davvero, elegante, riposante anche per una lettura a video. Dubito che la stampa casalinga le renderebbe giustizia, ma è una vista piacevole.

Dopo un’introduzione generica in cui si spiega che si giocherà a un gioco che farà rivivere le atmosfere lovecraftiane, ecco il primo cazzotto: Continua a leggere

Lento e penoso restyling


pennymasterCiao amici di Altrimondi, non sono morto. Sto con fatica tentando di riprendere le redini della mia vita (irrilevante per chiunque tranne che per me) e del blog (moderatamente rilevante per i miei venticinque lettori). Nelle prossime vacanze natalizie il blog dovrebbe subire un lento e spero non troppo penoso restyling, ma soprattutto un leggero cambio di rotta per quanto riguarda i contenuti.

Nato come punto di incontro dei membri della Gilda Cacciatori Sedentari di Draghi, il formato blog di Altrimondi è stato superato dalla tecnologia, in quanto troppo lento e poco seguito per coloro che vedevano nel blog un modo per organizzare le serate di gioco e condividere l’hobby. Oggi viaggiamo a Whatsapp e il gruppo della Gilda sta attraversando un periodo di frammentazione (non dissolvimento, non sia mai!). Ci sono sottogruppi di Conan RPG, The Strange, Dungeon Hack, Mondo di Tenebra, l’Unico Anello, per non parlare degli incontri di gioco da tavolo che si stanno moltiplicando a dismisura. Oltre a un paio di amici che hanno GROSSI CAZZI AMARI, e si sa che quando hai GROSSI CAZZI AMARI hai voglia di tutto tranne che di fingerti un elfo. Continuare a chiamare Altrimondi la casa della Gilda mi sembra un po’ pretenzioso e un po’ fuorviante. La condivisione del materiale di gioco non può comunque avvenire tramite wordpress, per motivi che ho già spiegato in altri post, per cui ho deciso di gettare la maschera e dichiarare al mondo che adesso questa è casa mia. Gli amici della Gilda sono invitati a partecipare, commentare, e persino a contribuire ai contenuti (ben venga!), ma il coordinamento finalizzato al gioco di ruolo da molto tempo è migrato su altre piattaforme, per cui credo di potermi sentire libero di esprimere la mia opinione sulle questioni di lana caprina che adoro tanto, senza per questo sentirmi un usurpatore di blog altrui.

Parallelamente, sono aumentati i contenuti “personali” del sottoscritto, mentre si sono sempre più ridotti quelli riservati ai membri della Gilda, tanto che questi ultimi stonavano con il resto del blog. Nell’ottica di un lettore “esterno”, magari uno di quelli che ricevono le notifiche, certi comunicati stampa “interni” avevano poco senso, mentre alcuni articoli in cui parlo in generale di argomenti attinenti al gdr, se letti da membri della Gilda potevano sembrare messaggi obliqui volti a “rieducare” in maniera passivo-aggressiva alcuni compagni di gioco. Per inciso, se mai ho dato questa impressione è ora di affermare a chiare lettere che ciò non è mai stato nelle mie intenzioni. Credo fermamente di avere un gruppo di gioco fantastico e parecchio sopra la media, sia per quanto riguarda la passione che per quanto riguarda i valori di amicizia extra-ludica che lo animano. Tanto che spessissimo, per trovare esempi di giocatori disfunzionali adatti a illustrare le mie tesi, ho dovuto ricorrere ad esperienze di gioco personali esterne alla Gilda Cacciatori Sedentari di Draghi, che al confronto di molti altri gruppi che ho visto giocare sembra davvero un’isola felice.

Per quanto riguarda i contenuti futuri, proseguirò le serie di post che i visitatori prediligono, e che per inciso sono quelli che piacciono di più anche a me:

– gli articoli di concetti storici applicati al gioco di ruolo, in particolare i “miti da sfatare”
– l’analisi di meccaniche di gioco e di dettagli problematici dei regolamenti
– gli sporchi trucchi di masteraggio e di costruzione di campagna

E poi, a seconda del tempo che potrò dedicare alla scrittura, qualche commento sparso e qualche riflessione sul gdr e sul genere fantasy in generale. Niente di rivoluzionario, per carità, non è nella mia indole. Piuttosto rassicuranti pacche sulle spalle ai miei compagni di sventura, cioè i giocatori/master di mezza età in perenne debito di tempo da dedicare all’hobby, e qualche occasionale frecciata che spero non sarà troppo velenosa.

Keep gaming.