Maze Rats


Il mio rapporto con il dungeon è sempre stato conflittuale. Da un lato è il tipo di gioco con cui ho iniziato e ci sono affezionato. Dall’altro è noioso da preparare e soffre molto di vecchiaia. Ogni tanto leggo un regolamento “old school renaissance” e mi faccio prendere dall’entusiasmo, ma di solito la cosa si sgonfia presto. Forse sono io ad essere troppo vecchio per queste cose, o forse sono i retrocloni che somigliano ai loro progenitori anche nei difetti.

Ogni tanto però scopro la perla nel fango. Questa volta la perla è Maze Rats, di Ben Milton. Qualcuno forse lo conosce già per il suo canale Youtube, Questing Beast, in cui parla diffusamente di old school gaming e in particolare recensisce manuali e avventure orientate a questo stile di gioco. Ben Milton però è anche un ottimo autore e lo dimostra, tra l’altro, con questo Maze Rats.

Il gioco sta comodamente in poche pagine. Ha un layout orizzontale che può piacere oppure no. A me non fa impazzire, ma poco male, perché esiste anche una versione in formato opuscolo. Su Drivethrurpg si può acquistare il pdf per 4,99 dollari.

Che cos’è Maze Rats? Un gioco di dungeon, sicuramente, ma in generale un gioco old school. C’è una pagina dedicata alla creazione dei dungeon tradizionali, ma ce ne sono anche una dedicata alla creazione di avventure in città e una alle avventure nella natura selvaggia. Una pagina sola per ciascuno di questi argomenti? Sì, perché dire che Maze Rats è un regolamento denso non rende giustizia alla mole di informazioni che l’autore è riuscito a compattare in dodici pagine. Per la maggior parte sono tutte tabelle, organizzate in 36 voci ciascuna. Si può generare casualmente ogni cosa, a partire dall’aspetto e dal carattere del personaggio fino agli ambienti dei dungeon per arrivare alle ricompense per gli avventurieri. E’ talmente ben fatto che ogni master che si rispetti dovrebbe avere una copia di Maze Rats sempre con sè, anche se gioca a D&D o a qualsiasi altro gioco fantasy, perché il manuale è una vera miniera di idee e aiuta a generare al volo la maggior parte delle informazioni che potrebbe essere necessario improvvisare in una sessione di gioco.

Il sistema è semplicissimo: ci sono tre caratteristiche, espresse tramite bonus: Forza, Destrezza e Volontà. C’è un valore di armatura (6 + bonus derivanti da scudo e corazza) che bisogna superare con 2d6 per colpire l’avversario. Il danno è la differenza tra il tiro e l’armatura. I punti ferita iniziali sono 4, e già lì capisci un sacco di cose. Ci sono al massimo sette livelli e, se si vuole, un incantesimo al giorno, e col passare dei livelli non è che le cose migliorino molto. A parte il combattimento, non si fanno prove attive, ma solo difensive: ogni volta che si deve evitare di subire una conseguenza negativa di qualsiasi genere, il master impone un tiro difensivo (di forza, destrezza o volontà): 2d6 più eventuali bonus, se si ottiene 8 o più, si supera la prova, se no MUORI, PREDA! Essenziale, nessuna concessione al successo facile: può essere carino, ma niente di speciale. Cosa rende Maze Rats degno di essere giocato?

Innanzitutto il sistema magico: puro divertimento. Ogni giorno si “crea” un incantesimo diverso: si tirano gli effetti su un paio di tabelle e ti può venir fuori qualcosa come “Ice Monolith” o “Intoxicating Sphere”. Sta al giocatore, con la guida del Master, di riempire di significato questa espressione, inventando le applicazioni possibili dell’incantesimo e possibilmente, al momento del lancio, forzando la mano alle linee guida imposte dal Master, dando così prova di machiavellica attitudine a usare in maniera impropria un incantesimo apparentemente inutile.

In secondo luogo, il gioco riprende e valorizza un elemento della vecchia scuola molto importante: la creatività del giocatore. Il gioco è ridicolmente difficile se affrontato in maniera “picchia e spacca” alla D&D post-terza-edizione. Al contrario, l’essenza di Maze Rats dovrebbe essere di prepararsi con anticipo, essere cauti, prendersi tutti i vantaggi possibili, evitare del tutto il combattimento (quando si può), parlamentare con i mostri, fuggire senza vergogna se le cose si mettono male. Insomma: usare la testa.

Non è per tutti: se non vi fidate del vostro Master, evitate. Se non avete un Master creativo, che sa improvvisare, che apprezza le buone idee in barba alle statistiche, che premia gli audaci ma non gli stupidi, evitate. Se avete un Master che gioca contro di voi, evitate. In tutti gli altri casi, è consigliatissimo.

Apprendo adesso che è in cantiere una versione 2, attualmente in kickstarter.

Viste le premesse e vista la presenza di tutto quel ben di Odino di tabelle, ho provato Maze Rats in solitario e ho scoperto che è molto adatto a questa modalità di gioco. Esiste anche un supplemento chiamato Maze Rat, scaricabile gratuitamente da drivethrurpg, che contiene gli oracoli e qualche consiglio per giocare da soli. In realtà va benissimo anche un emulatore generico tipo Mythic. Per chi vuole provare le atmosfere vecchia scuola con un regolamento ultra-light molto originale, Maze Rats è davvero ottimo. Forse non è adatto a esperienze orientate all’azione esasperata, perché gli antagonisti vanno generati tramite tabelle e non c’è un vero e proprio bestiario, e perché non c’è modo di pompare il proprio personaggio abbastanza da farlo sopravvivere a molti incontri consecutivi. Qui si muore male e si muore spesso, è un gioco per chi assapora con calma le atmosfere, riflette, fa strategia per ottenere quel vantaggio in più sul prossimo tiro di dado che fa la differenza tra la vita e la morte e, soprattutto se giocato in solitaria, permette di apprezzare l’interazione pacifica con i PNG generati casualmente dalle tabelle, perché questi PNG hanno la tendenza a essere molto interessanti.

Un giochino con enormi potenzialità, provatelo e poi ditemi.

Keep gaming.

Solo GDR – James Turner’ s GM Apprentice


Ciao, giocatori di ruolo solitari! Ho appena scoperto un tool veramente interessante:

James Turner’s GM Apprentice

E’ una paginetta web che contiene una MONTAGNA di oracoli e strumenti tratti da giochi di ruolo solitari, supplementi, generatori random ecc. Basta cliccare su “Reroll” e tutti i campi vengono rinnovati. L’ho provato ed è bellissimo. Probabilmente molti lo conoscono già, ma per altri sarà un fulmine a ciel sereno.

Lo sapevate?

Sapevatelo!

Keep gaming.

Solo GDR – Solo Investigator’s Handbook


Questa volta vi parlo di un libretto davvero interessante, che mi ha fatto vivere alcune avventure a Call of Cthulhu molto convincenti. Si tratta del “Solo Investigator’s Handbook” di Paul Bimler.

Come sempre, lasciate ogni speranza oh voi ch’entrate se non sapete un po’ di inglese: il volume in questione non è tradotto in italiano e credo che non lo sarà mai, come la maggior parte dei prodotti più interessanti e/o indie pubblicati nel mondo.

Per tutti gli altri: tenetevi forte, si gioca a Cthulhu in solitaria e lo si fa in grande stile.

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Solo GDR – Ironsworn


Ironsworn rappresenta attualmente un unicum nel panorama ludico contemporaneo. Non sono a conoscenza di altri prodotti paragonabili ad esso a livello di struttura e concept. In pratica è un GDR che può essere giocato in modalità solitaria, cooperativa masterless o “guidata”, cioè con i tradizionali giocatori e un master.

E’ un gioco basato su meccaniche simili a quelle dei giochi “powered by the apocalypse”, vale a dire Apocalypse World, Dungeon World e una pletora di altri giochi derivati. Questa non è la sede per enumerare i pregi dei giochi “powered by the apocalypse”, ma è opportuno dire che rappresentano un modo nuovo di approcciarsi al gioco di ruolo. Favoriscono molto due elementi moderni del gioco di ruolo, cioè il “fail forward” e la creazione incrementale dell’ambientazione (o almeno di parte di essa), dando autorità narrativa limitata ai giocatori.

Ironsworn fa tesoro di questa lezione e ne amplia gli orizzonti. L’intuizione geniale a mio parere è aver capito che le meccaniche dei powered by the apocalypse sono adatte al gioco in solitaria o comunque masterless. Non è necessario predeterminare la difficoltà delle varie azioni svolte dai personaggi, ma sono le stesse “mosse” effettuate dai giocatori che hanno come esito una gamma di situazioni che muovono la trama in avanti, senza limitarsi al binomio successo-insuccesso, che fa affidamento sul master per determinare cosa succeda in concreto nel caso di insuccesso.

Ironsworn prende questo sistema e ci innesta sopra una serie di “oracoli” (che ormai sappiamo tutti essere il motore preferito dei giochi in solitaria). Il tutto in un’ambientazione selvaggia, di frontiera, che può essere personalizzata prima del gioco e raffinata successivamente con il dipanarsi della storia.

Il mio primo impatto con Ironsworn è stato freddino. Ho scoperto che esisteva un gioco nuovo, liberamente scaricabile. Sono andato sul sito ironswornrpg.com e l’ho frainteso completamente. Mi sembrava il classico gioco di ruolo fantasy fatto in casa, con molte velleità ma poca sostanza, e per di più con regole troppo complicate. In più, le illustrazioni sono fotografie di stock che danno al manuale un tono amatoriale che di più non si può. Abbandonato quasi all’istante.

Ma bisogna sapere quando è ora di ammettere i propri errori. E con Ironsworn ho sbagliato alla grande. Alla grandissima. Perché questo è proprio un gran bel giochino, ragassuoli. Ed è molto innovativo, probabilmente ha già iniziato a fare la storia. C’è in cantiere un porting fantascientifico e nel mondo del solo GDR se ne parla in continuazione. Esiste anche un’espansione chiamata “Delve” che completa le regole permettendo l’esplorazione (e prima ancora la generazione casuale) di “dungeon” di varia natura.

Il fatto è che quando ti metti di buzzo buono e fai la fatica di assimilare le regole, ti si spalanca un mondo, perché sistema di gioco, oracoli, generatore di nomi, tabelle ecc. sono tutti elementi integrati perfettamente per svolgere un unico compito: portare avanti la narrazione. Qui non si parla di spade +1 o oggetti magici eclatanti, non si ragiona di ingombro e velocità di movimento tattico, di turni e round, e nemmeno di blocchi di statistiche degli avversari. C’è una narrazione che, una volta acquisiti i rudimenti del sistema, fluisce ininterrottamente costruendo una storia epica senza sforzo. Con il binomio “GDR tradizionale + Mythic” sento sempre che mi manca qualcosa, che devo metterci tanto di mio per far funzionare la narrazione, e anche così ho sempre la sensazione che sto “barando”, che mi sto raccontando una storia come se fossi il Master iper-indulgente di me stesso. Con Ironsworn non ho questa sensazione. Ho piuttosto la sensazione di essere nelle mani capaci e salde di un Master incorporeo, che mi presenta sfide e ricompense (o guai) con suprema imparzialità e straordinaria creatività.

Le regole non sono facili, sebbene il sistema di risoluzione delle azioni (o meglio delle “mosse”) sia molto semplice. MA cosa ci sta a fare qui il vostro affezionato Pennymaster, se non per indicarvi la retta via? Eccovi quindi il modo migliore con cui è possibile acquisire il regolamento e contemporaneamente avere davvero un quadro di cosa può arrivare a offrirti questo gioco, ed è quello di guardare la seconda stagione di “Me, myself and die“.

In questo show su youtube, un voice actor molto brillante di nome Trevor Devall gioca un’intera campagna in solitario utilizzando Ironsworn come sistema di gioco. Il risultato è divertentissimo. E’ una specie di Matt Mercer del gioco solitario. Vi verrà voglia di giocare ad Ironsworn prima di subito. Ahimè, l’intera esperienza (gioco e show) è solo per anglofoni abbastanza navigati, ma non si può avere tutto dalla vita, giusto?

Provate, mi ringrazierete.

Keep gaming.

Solo GDR – Mythic + Numenera


Possiedo Numenera da quando è uscito in italiano, acquistato a Lucca con tanto di autografo di Monte Cook. Il sistema Cypher mi è piaciuto da subito, per la sua semplicità e flessibilità, ma non sono mai riuscito a organizzare una campagna di Numenera con il mio gruppo di gioco abituale, perché c’era sempre qualcos’altro da fare. Inoltre devo ammettere che ero frenato dal fatto di conoscere i gusti dei miei giocatori, i quali sono a loro agio solo con il Fantasy “classico” e con l’horror. Numenera è un’ambientazione che ha un senso solo per chi ha un retroterra culturale ricco di opere al limite tra fantasy e fantascienza, o almeno opere ispirate al vecchio adagio secondo cui ogni tecnologia sufficientemente progredita è indistinguibile dalla magia. Le atmosfere sono modellate su libri come Cloud Atlas, nella parte in cui descrive la società di un futuro lontanissimo, oppure il capolavoro di Gene Wolfe, il ciclo di Urth del Nuovo Sole. Le influenze non si fermano qui, ma quelle citate rappresentano il minimo sindacale. Chiunque non abbia questo tipo di infarinatura trova difficoltà quasi insormontabili nel cogliere l’atmosfera che permea l’ambientazione. Per questi motivi ho sempre dubitato della mia capacità di convogliare questa atmosfera ai miei giocatori, che dal canto loro si sono sempre mostrati freddini sul versante fantascienza (anche quando si avvicina al fantasy).

Morale della favola: Numenera parcheggiato sine die.

Durante il lockdown ho tentato una sessione online, contando di poter compensare la carenza di un bagaglio visuale comune con illustrazioni mostrate a schermo ed effetti sonori. Avevo persino iniziato a ritrarre i personaggi. Ecco per esempio il PG di Mescal, un Tech itinerante, scassato e impolverato alla Mad Max, con tanto di braccio meccanico di bellezza.

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Solo GDR – Mythic GM Emulator


Eccomi qui a scrivere di Mythic, il nonno e il più famoso degli emulatori di GM Master. Mythic GM Emulator si basa sull’assunto che sia possibile simulare la presenza di un Master creando l’avventura in maniera incrementale, tramite due strumenti:

  1. un “oracolo” che risponde a domande formulate in modo da dare come risposta un sì o un no.
  2. la scomposizione dell’avventura in “scene”, impostate usando l’oracolo di cui sopra e una tabella che associa verbi e sostantivi in maniera casuale per generare idee. Tali idee, contestualizzate dal giocatore, possono dettare qualsiasi cosa: dal carattere di un PNG alle sue motivazioni, alla natura di un pericolo, alla caratteristica principale di un incontro ecc.

Non voglio addentrarmi nella minuziosa descrizione di come funzioni il sistema nei dettagli, perché finirei per riprodurre il manuale, che dà molti consigli utili su come usare le meccaniche di cui sopra.

Prima di sperimentare Mythic ho provato a guardare qualche video su youtube, dove alcuni giocatori condividono la loro esperienza di gioco giocato oppure mostrano la sessione di gioco nella sua interezza. Devo dire che soltanto allora ho cominciato a capire le potenzialità e le possibili difficoltà di utilizzo di questo emulatore.

Le potenzialità sono immense. E’ incredibile quanto lontano si possa andare con delle semplici domande a cui l’oracolo risponde con sì, no, eccezionalmente sì ed eccezionalmente no. La probabilità che esca il risultato “sì” dipende da due fattori: la generica probabilità stabilita dal giocatore (“è probabile che dall’altra parte della porta ci sia un mostro”) e il fattore di caos, che parte da un valore intermedio di 5 e si alza e si abbassa a seconda di quanto il personaggio abbia il controllo della situazione nella scena precedente. Per esempio, se mi trovo in un dungeon infestato da non morti e ne ho già affrontati alcuni, posso giudicare che sia “molto probabile” che dall’altra parte della porta ci sia un non morto. Se poi sono scampato per il rotto della cuffia da un incontro difficile e sono ferito (fattore caos +1, cioè poniamo che sia giunto a 6), la probabilità che dall’altra parte della porta ci sia un non morto è del 90%. Se viceversa mi trovo in un villaggio di contadini, sto per entrare in una locanda da cui sento provenire canzoni e chiacchiere, posso chiedermi “c’è un non morto dall’altra parte”, ma ragionevolmente la probabilità di questo evento è “impossibile”, per cui con un fattore di caos di 5, dietro alla porta della locanda potrebbe esserci un non morto solo con un tiro di 1-5 su un d100. Ovvio che se poi c’è davvero, devo inventarmi una giustificazione plausibile e la cosa è una specie di gioco nel gioco.

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Solo GDR – Scarlet Heroes


Scarlet Heroes è un gioco del 2014, edito da Sine Nomine Publishing, una casa specializzata in giochi OSR con un qualcosa in più, come i bellissimi Stars Without Number e la sua controparte fantasy Worlds Without Number. L’autore, lo stesso degli altri giochi, è Kevin Crawford.

Questo gioco può fare da ponte tra la categoria dei giochi da tavolo con aspetti ruolistici, in cui possiamo far rientrare d100 Dungeon e Four Against Darkness, e i giochi di ruolo propriamente detti, giocati però in solitaria tramite un sistema di emulazione di Master. È pensato per essere giocato da un Master e un singolo giocatore, oppure da un solo giocatore senza Master. Esistono delle regole dedicate al gioco in solitario incluse nel gioco base, per cui mi sono detto che questa poteva essere un’occasione ottima per introdurmi ai misteri del solo GDR senza dover fare adattamenti a un gioco non espressamente creato per questo uso.

In questo post non voglio recensire in profondità il gioco, ma solo dare una panoramica della sua struttura per affrontare poi le mie impressioni di gioco in solitario. Il gioco è stato provato – ovviamente – nella modalità “solo”, usando soltanto gli strumenti messi a disposizione dal gioco stesso. Come sanno quelli che giocano in solitaria, questa è un po’ un’anomalia, dato che non è poi così infrequente che un giocatore di ruolo solitario finisca per avere sul suo tavolo sei o sette manuali e supplementi diversi: generatori di personaggi, tabelle di incontri casuali, emulatori di Master, oltre ai necessari manuali base.

In questo caso però volevo valutare l’autosufficienza del gioco, proprio in un’ottica di gioco entry level, o quasi, per un novizio del genere quale sono io.

Ma andiamo per ordine.

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Il gioco di ruolo in solitario


All’inizio, nella mia ignoranza, credevo che “gioco di ruolo carta e penna in solitario” fosse una sorta di contraddizione di termini. Non sono mai stato esposto al gdr solitario che non fosse un gioco per computer, per cui ho sempre pensato che l’esperienza del gioco di ruolo, quella “vera”, potesse definirsi tale solo se condivisa con altri. Ma a quanto pare mi sbagliavo, dato che in questo periodo di pandemia i giocatori di ruolo in solitaria sono usciti (metaforicamente) dalle loro caverne oscure e si sono palesati e sono tantissimi. Non più nerd dei nerd, talmente alienati da rifuggire anche il contatto ruolistico con altri della propria specie. Non più reietti che vivono in un limbo onanistico di sogni a occhi aperti e tiri di dado in solitaria. Non più aspiranti narratori senza un pubblico, ma con tanta voglia di calarsi nei panni di qualcun altro. Nossignore, niente di tutto questo. I giocatori di ruolo solitari hanno fatto outing e hanno proclamato al mondo “Io ci sono! gioco di ruolo in solitaria dai tempi di Gygax e me ne vanto! Siete voi che non sapete che non serve un master e neanche degli altri giocatori per divertirsi con Dungeons & Dragons, ma io l’ho sempre saputo!

IO ! (musica epica)

SONO !! (stringe l’inquadratura)

QUI !!!! (esplode musica epica a tutto volume)

e niente, poi sono tornati nella caverna a giocare ed è finita lì.

Però tutti gli altri, come me, sono rimasti a bocca aperta. Ma davvero si può giocare in solitaria? Con quali regole? Ma sarà poi divertente? He Man indossava davvero mutande di pelo?

Da bravo curioso, propenso a dedicarmi anima e corpo a questioni irrilevanti e un tantino troppo intenso nelle mie passioni, ho deciso di approfondire. E accidenti, ho sollevato una pietra e ci ho trovato sotto un tram.

Il gioco “di dungeon”

La storia inizia nientepopodimeno che dal venerabile Gary Gygax, che Odino l’abbia in gloria per il servigio che ha reso all’umanità. Nel primo numero di “The Strategic Review” (1975) pubblica un articolo intitolato “Solo Dungeon Adventures” in cui illustra un metodo per giocare da soli senza Master a Dungeons & Dragons. Ovviamente, provenendo da Zio Gary, è un delirio di tabelle e tiri di dado. Però i principi ci sono, sono già sufficientemente maturi e giocabili, con qualche difficoltà dovuta soprattutto al fatto che ai tempi le regole non erano fatte per essere capite da tutti, ma sembravano solo appunti personali comprensibili solo da altri pochi iniziati.

Il gioco di ruolo “di dungeon”, cioè quello dei primordi, in realtà si presta molto bene al gioco in solitaria. In fondo all’epoca era considerato accettabile giocare alla maniera e.u.m.a.t.e. (entra, uccidi il mostro, arraffa il tesoro, esci) senza troppo peso alla coerenza interna del dungeon. C’era senza dubbio un tema portante in ciascuna avventura, ma non c’era un plot preordinato, o peggio ancora un binario forzato che sviluppasse a tutti i costi una storia epica. Non essendoci l’esigenza forte di avere una giustificazione narrativa cogente per tutto quello che facevano i personaggi, era più facile demandare il ruolo di Master a un bot, che in questo caso sono una serie di tabelle di generazione casuale di stanze, mostri e tesori. In effetti, a mio parere, togliendo l’interazione con altri giocatori si toglie molto al divertimento complessivo. Quante situazioni divertenti si formano spontaneamente solo perché il più svitato del gruppo ha un’idea folle e la persegue coinvolgendo tutti nelle nefaste conseguenze della sua scelta? Quante serate sono diventate memorabili perché i giocatori hanno cominciato a cavalcare un tormentone generato per caso disinteressandosi della storia e sparando cavolate a ruota libera? Ecco, certamente tutto questo non lo troverete nel gioco in solitaria. Ci sono però alcuni aspetti che possono rendere il gioco in solitaria “di dungeon” molto divertente, addirittura superiore al gioco cooperativo. Intanto non sta scritto da nessuna parte che si debba per forza interpretare un solo personaggio. Si può gestire un intero party di avventurieri, ciascuno con le sue caratteristiche peculiari, proprio come si fa con un gioco di ruolo per PC. Avendo a disposizione diversi personaggi, non ci si identifica con uno solo, ma si può esplorare la loro interazione reciproca. Se ci si sente portati per i background e la maturazione personale dei personaggi, questa potrebbe essere un’occasione d’oro. Quante volte avete avuto un’idea fantastica per un personaggio, con un passato interessante e un profilo davvero originale, per sentirvi dire dal Master che quel personaggio non si adattava bene alla campagna che aveva in mente lui? Oppure avete creato un burbero nano, e non vedevate l’ora di interpretare le schermaglie tra lui e l’elfo del gruppo, alla maniera di Gimli e Legolas, solo per scoprire che l’amico che interpreta l’elfo se ne frega del ruolo e vuole solo picchiare e fare powerplaying? E magari si scorda che interpreta l’elfo, perché aveva scelto quella razza solo per avere dei bonus alle statistiche?

Nel gioco di ruolo in solitaria tu sei il master e sei il giocatore, puoi davvero fare quello che vuoi. Questo non è un vantaggio da poco. Puoi immaginare ogni tipo di interazione, dalla più coinvolgente alla più spigolosa, tra i personaggi controllati da te, e puoi seguirne l’evoluzione personale come dei piccoli Tamagochi che si muovono attraverso dungeon sempre più letali. Se invece vuoi il powerplaying, puoi cercare un’esperienza picchia e spacca alla “Diablo”, il cui unico scopo è di abbattere orde di nemici e massimizzare il proprio potere ed equipaggiamento.

Questo tipo di gioco può essere divertente, soprattutto se supportato da meccaniche dedicate. Le ultime evoluzioni in questo senso sono degne di nota. Un primo gioco che mi sento di consigliare per rompere il ghiaccio, una sorta di “entry level” del gdr solitario, è il carinissimo “Four against darkness” di Andrea Sfiligoi (Ganesha Games). Il giocatore governa quattro personaggi, appartenenti alle classi tipiche del Dungeons & Dragons, attraverso dungeon che possono essere generati casualmente tramite tiri di dado oppure preparati in precedenza. Le regole sono estremamente snelle, per permettere la gestione contemporanea di quattro personaggi senza troppi problemi. Dopo le prime partite, l’esperienza di gioco fila liscia come l’olio e ci si comincia ad affezionare ai personaggi. Si genera anche una storia che emerge spontaneamente, anche se va detto che gli strumenti che supportano questi risvolti risultano un po’ poco sviluppati. Un’aggiustatina alle tabelle per indurre più spesso i personaggi a tornare sui propri passi per completare delle quest secondarie basterebbe per rendere il dungeon un’esperienza meno lineare e all’apparenza meno casuale. Il gioco però è molto divertente e anche le avventure pubblicate lo espandono e lo completano molto bene.

Un altro gioco interessante, che propone un approccio un po’ diverso, è “d100 Dungeon”. Qui l’eroe è uno solo, proprio in stile Diablo. E come il celeberrimo gioco per PC, l’eroe abbatte senza pietà orde di mostri e c’è un forte accento sull’equipaggiamento. Il miglioramento della statistiche è molto lento e tutto sommato di importanza limitata. Quello che conta è procurarsi in qualunque modo pezzi di armatura e armi magiche con cui diventare ancora più potente e corazzato. L’attività di book keeping da parte del giocatore è più intensa rispetto a Four Against Darkness, ma se vi piacciono i gdr di azione per pc probabilmente vi piacerà anche d100 Dungeon. Unico appunto: è maledettamente difficile. Terminati i tutorial, dovresti sceglierti le missioni casualmente. Risultato: prima quest, prima stanza, primo mostro: un drago dorato.

Più che Diablo mi ricorda Dark Souls.

Questi due giochi possono essere un buon ingresso nel mondo del gioco di ruolo di dungeon in solitaria, ma non esauriscono affatto le possibilità offerte da questa modalità di gioco. Anzi, secondo alcuni giocatori solitari della prima ora, non è nemmeno qualificabile come gdr solitario vero e proprio. Siamo nella zona grigia che separa il gioco di ruolo dal gioco da tavolo. E’ un po’ il dibattito (sterile) tra chi sostiene che un libro game sia propriamente un gioco di ruolo e chi non la vede così. Personalmente, ho finito per considerare gioco di ruolo tutto ciò che mi faccia prendere il controllo di un personaggio che agisce in un mondo virtuale, mi faccia compiere delle scelte e in qualche modo mi consenta di vivere una storia per interposta persona. Una definizione molto ampia, che mi consente di includere giochi come Baldur’s Gate, Diablo e Dragon Age e, tanto per tornare nel gioco carta e penna, i sopra citati Four Against Darkness e D100 Dungeon, nonché i libri game (ebbene sì).

Esiste una pletora di giochi di ruolo espressamente pensati per essere giocati in solitaria e di solito hanno meccaniche dedicate che facilitano questo tipo di esperienza, tuttavia nella modalità che ho chiamato “di dungeon” i migliori finora sono quelli già citati. Ne sto provando un po’ e l’intenzione è quella di recensire i più interessanti.

Tuttavia vorrei concentrarmi di più sulla possibilità e le tecniche per giocare qualsiasi gioco di ruolo in solitaria (sempre limitandomi, per ora, alla “modalità dungeon”), e non soltanto un gioco dedicato, che poi è quello che sostengono i giocatori solitari duri e puri. Se l’esperimento avrà successo, procederò a sondare le possibilità del gioco in solitario anche di altri giochi senza limitarmi alla generazione casuale di dungeon vecchia scuola. Cthulhu in solitaria? Coriolis in solitaria? Numenera in solitaria? Perché no? Forse non mi porterà al lato oscuro del gioco solitario hardcore, ma potrei provare un sacco di sistemi di gioco che stanno lì a prendere polvere. Oppure potrei generare al volo ambientazioni e luoghi da far poi utilizzare ai miei giocatori quando ci ritroviamo per il gioco tradizionale.

Accetto volentieri suggerimenti da chi abbia già provato un po’ questo tipo di esperienza.

Keep gaming.