Monster makeover: il grick


grickQuesto vermone, se viene preso e giocato così com’è, non è altro che questo: un vermone. Con i tentacoli, ok, quindi cento punti in più nel figometro glieli possiamo anche dare, ma non abbastanza da farne un mostro interessante. In pratica si nasconde nelle ombre o nei crepacci, appena vede una preda la attacca, appena la uccide se la trascina via.

Intanto bisogna notare che di solito i PG vanno in giro in gruppo, quindi la tattica standard del grick non funziona. Non può colpire e fuggire con una singola preda, perché rimarrebbe troppo esposto agli attacchi degli altri avventurieri. Una creatura che si sia evoluta come predatore attacca prede multiple solo in due occasioni:

  1. quando conta sul fatto che le prede fuggiranno in tutte le direzioni, lasciando il malcapitato a morire (è la tattica dei leoni)
  2. quando, trattandosi di prede potenzialmente pericolose in gruppo, la strategia del predatore è in grado di isolarle efficacemente (è la tattica del drago di komodo, che ti morde e aspetta che crepi di setticemia, oppure del coccodrillo, che aggredisce una preda e la trascina sott’acqua, di fatto rendendo impossibile agli altri membri del gruppo di accorrere in soccorso)

Il grick, invece, sembrerebbe un po’ tonto: attacca un gruppo di prede pericolose e si concentra su una sola senza avere una strategia per evitare rappresaglie.

Inoltre è scialbo: alla fine i tentacoli sono lì solo per bellezza (si fa per dire), perché gli attacchi sono portati anche con il becco senza distinguere le funzioni dei due tipi di attacco. L’illustrazione del Monster Manual della 3.5 poi non gli rende giustizia neanche un po’.

Grick

Sembra un hippie che si aggira per una festa: notate la retroilluminazione, che oltre a contrastare con la strategia furtiva del grick, e fa sembrare che il grick stia entrando in una stanza in penombra mentre proviene da un luogo più illuminato… pare quasi di udire le note attutite di una canzone dei Doors che arrivano dalla festa dietro di lui, mentre il freak entra nella stanza dei fattoni in cerca di qualche acido.

Diamo un po’ di pepe a questo pupazzo tristissimo.

Ipotesi 1: il predatore furtivo (evolved)

Il grick è una mostruosità predatrice solitaria che vive nelle caverne naturali. Non nei dungeon comodi comodi, e neanche nelle caverne di fantasia partorite dalla mente ingenua di un nerd negli anni Settanta, cioè spaziose, aerate, con il pavimento piatto e ampi corridoi tra una e l’altra. No, il grick si nasconde nelle caverne VERE, quelle umide, anguste, sporche, claustrofobiche. Nei buchi neri della terra, orizzontali, verticali, obliqui. Nelle fenditure dove uno speleologo passa a malapena, strisciando nella ghiaia fradicia mentre cerca di illuminare il prossimo metro o giù di lì. A un certo punto, invece che un muro di tenebre, compare una bocca spalancata ampia quanto il passaggio stesso, e un fascio di tentacoli afferra la vittima e l’attira a sè, stracciandole le vesti, trascinandola sulle rocce aguzze, inghiottendone la parte superiore e tranciando di netto la parte inferiore con quel becco chitinoso. Il grick ghigliottina. Vallo a prendere, se riesci.

Questa variante non richiede grandi modifiche alle statistiche, per non dire nessuna modifica. Per renderlo letale è sufficiente dotarlo della capacità di afferrare la preda con i tentacoli (dipende molto dalle regole che usate, ma un talento come Afferrare Migliorato può aiutare) e di un attacco con il morso un po’ più potente della media. Lasciate stare la riduzione del danno per i danni non magici, è spazzatura ingiustificata.

Ipotesi 2: non mi hai fatto niente, faccia di serpente

Il grick è leggermente più piccolo di come è descritto, però salta. Normalmente vive attaccando topi e scoiattoli e se li mangia in un boccone. Quando deve riprodursi, attua la strategia dell’abbraccio facciale alla Alien (fattore di coolness aumentato di 1000 punti). Salta in faccia, si aggancia con i tentacoli e avvolge il corpo nelle sue spire, bloccando la preda. Poi facciamo che penetra con un tentacolo centrale e inocula l’ospite nel povero cristo. Il tentacolo contiene un anestetico e un sistema per condividere la respirazione della creatura, per tenere in vita la vittima. Possiamo dare un numero di round, tipo quattro, in cui è possibile cercare di ucciderlo dall’esterno prima che… ehm… eiaculi?! Però:

  1. La parte esterna della sua pelle è gommosa e refrattaria ai colpi (Classe di Armatura alta? Cicatrizzazione istantanea? Vedete voi)
  2. Ogni colpo e ogni tentativo di rimuovere la creatura la fa stringere ancor di più, con danno da stritolamento alla vittima (2d6, 3d8, 4d6… il sadismo non ha limiti, perfino riprodurre interamente nella vittima il danno subito dalla creatura)

Dopo aver insediato la prole, la creatura rilascia la vittima e muore da sola. Dopo qualche giorno di fame impossibile, il malcapitato si squarcia dall’interno e uno o più saltellanti mini-grick fuggono tra le ombre.

Ipotesi 3: eutanasia

Il grick se la prende comoda. Striscia pigro verso una preda addormentata e la tocca con i tentacoli, che contengono un veleno che ha lo stesso effetto di una pera di eroina. La vittima continua a dormire e sperimenta sogni piacevoli. Se si sveglia, si rende conto solo vagamente di quello che sta succedendo. Il verme che le striscia addosso è percepito come un’esperienza erotica, e l’unico desiderio è annullarsi nel piacere. Non sente l’acido secreto dai tentacoli che si fa strada nella pelle, e anche se lo vede non gliene importa un fico secco.

Se la creatura viene uccisa o rimossa in qualche modo, l’effetto svanisce dopo un certo numero di round, lasciando una orribile bruciatura sulla pelle che è stata a contatto con la creatura e molta rabbia nei confronti dei compagni che ti hanno salvato. Ma la cosa più interessante è l’astinenza… tiri salvezza sempre più difficili da superare, per evitare che la vittima corra spasmodicamente a cercare ancora la stessa esperienza, e muoia in estasi mentre un intero covo di grick la digerisce viva.

Piaciute le varianti?

Datemi un tentacolo e vi solleverò il mondo.

Keep gaming.

Star Wars gaming – introduzione alla Forza


Il trattamento di un argomento come la Forza risulta spinoso per molti motivi. Nella trilogia originale il concetto di Forza è lasciato giustamente molto vago. La Forza è descritta come un qualcosa che “tiene unita tutta la galassia”, qualunque cosa significhi. Dalle citazioni sparse qua e là nei film sembrerebbe che i Jedi predichino una sorta di panteismo, in cui la Forza è dappertutto (nella pietra, nella nave, negli esseri viventi ecc.). C’è un dualismo che all’apparenza potrebbe sembrare di derivazione taoista ma in realtà secondo me c’entra poco. Il dualismo della Forza è espresso in forma fortemente manicheista, il lato oscuro non è visto come una forza che si contrappone al lato chiaro e genera il dinamismo del reale. Piuttosto è un pozzo nero, a senso unico, e in questo ricorda più la morale giudaico cristiana in cui c’è un dio severo, selettivo, che rappresenta il “giusto” e contrapporsi al suo volere provoca la rovina, è una strada senza ritorno. La trilogia originale sembra adeguarsi a questa visione generale, salvo poi concederci una visione più ottimista in cui la redenzione è possibile, seppure con il sommo sacrificio della vita. La struttura della Forza è accennata, suggestiva, misticheggiante. Fa da contraltare narrativo al pragmatismo di Han Solo e all’arido cinismo degli imperiali.

choke

Si noti che nel primo film c’è una scena bellissima in cui il generale imperiale “scettico” viene strangolato da Darth Vader. Ho sempre considerato quella scena un capolavoro di narrazione. Ci mostra un rappresentante di un’antica fede ormai isolato nelle sue credenze, distante da Obi Wan Kenobi quanto a orientamento morale ma vicino a lui nell’anacronismo che li accomuna. L’imperiale che si fa beffe della Forza (e finisce per ricevere una lezione dall’irritato Vader) è il simbolo di una nuova era, un’era di blaster “goffi ed erratici” e di “terrori tecnologici” che saranno pure niente confronto alla Forza, ma nessuno si accorge di questa inferiorità. Nell’Episodio IV la storia non era ancora consolidata, persino l’Imperatore non era esplicitato. Se uno vedesse solo Episodio IV ne uscirebbe con la convinzione che il potere imperiale è saldamente nelle mani di un imperatore “laico”, non apertamente schierato con vecchie superstizioni, che tuttavia si serve di un braccio violento come Vader che sarà pure terrificante, ma è anche alquanto bizzarro, a causa del suo “deprecabile attaccamento a quell’antica religione”. Storytelling al massimo grado. Il non detto conta più del raccontato, proprio come nelle favole. Continua a leggere

Star Wars gaming – azioni e narrazione


Prosegue il mio diario personale sulla creazione di un gioco fatto in casa su misura per i miei giocatori. L’altra sera, schede alla mano, abbiamo creato i personaggi, tre personaggi per la precisione.

In. quindici. minuti.

Per chi viene da giochi crunchy come D&D è pura follia, ma il risultato è stato più che soddisfacente. Ho un cacciatore di taglie, un giovane contrabbandiere che collabora con lui in attesa di fare abbastanza soldi da comprarsi una nave tutta sua e un padawan in fuga perenne. A proposito, la mini-campagna di prova sarà ambientata nel periodo della purga jedi, dopo l’esecuzione dell’ordine 66. “Diamo un passaggio a questo sfigato che non vuole complicazioni di tipo… imperiale? Massì, basta che paghi”. Vedremo come andrà a finire. Per ora solo tre giocatori, per un primo test è più che sufficiente, favorisce la comunicazione e il confronto.

sw

Come si è visto la volta precedente, le meccaniche di gioco sono semplici ai limiti dello scarno, ma c’è una complicazione che potrà essere valutata nella sua effettiva portata solo con un po’ di gioco giocato. Mi riferisco all’interpretazione dei risultati del dado. Ho voluto evitare la netta dicotomia “successo-fallimento”, perché è un modo di giocare un po’ datato anche per noi grognard. Al tempo stesso siamo talmente abituati a giocare con questa mentalità che non potevo dare un colpo di spugna totale. Ho quindi scelto un sistema che pone da un lato l’azione non riuscita (cioè le intenzioni dichiarate dal giocatore non ottengono il risultato sperato) e dall’altro l’azione con tre diversi livelli di riuscita e tre diverse modalità di riuscita. Il tutto semplicemente interpretando i dadi attivi, cioè quelli rossi. Continua a leggere

Star Wars gaming – primi passi


Quando voglio fare un gioco “della casa”, ho diversi approcci a seconda delle esigenze. In casi come questo, il sistema nasce più come Alien che come Frankenstein. Se ho intenzione di usare molto materiale di un gioco pubblicato (avventure, PNG ecc.), mi baso su quel gioco come sistema “ospite” in cui far crescere il mio piccolo Alien. A un certo punto il sistema ospite viene distrutto e resta solo la sua carcassa, e il mio gioco Alien se ne va zampettando sulle sue gambe…

Il sistema ospite sarà quello di West End Games, cioè il d6. Innanzitutto perché c’è moltissima roba pubblicata, con la quale voglio garantirmi un minimo di compatibilità. Poi è un sistema a skill “puro”, senza classi, che nel mondo SW mi sono sempre sembrate una forzatura. A dire il vero mi sembrano una forzatura dappertutto tranne che in D&D. Sul sistema ospite sarà innestato il metodo di risoluzione delle prove, preso da x-wing.

Oh.

Mio.

Dio.

(psss…non dite dei miei esperimenti ai game designer seri, potrebbero dare di stomaco).

Ci sono sei Attributi (sette, per i personaggi sensibili alla Forza): Destrezza, Percezione, Fisico, Conoscenza, Meccanica, Tecnica. Ogni Attributo ha una serie di Abilità associate, in numero variabile. Le Abilità WEG erano davvero troppe, spesso molto minuziose, per cui ho accorpato tra loro quelle che mi sembravano simili per semplificare la gestione.

La scheda del personaggio appare così:

schedaPG

Da qui in poi mi discosto sempre più dal sistema “ospite”.

I poteri della Forza non sono altro che Abilità da apprendere singolarmente come tutte le altre, usando punti bonus che vengono attribuiti al personaggio sensibile alla Forza al momento della creazione. Sono pochissimi, lasciati volutamente vaghi ed estremamente potenti. Qualcuno ha detto “bilanciamento”? Esca di qui, prego. I personaggi che usano la Forza sono a tutti gli effetti “super-personaggi”, se sono buoni sono supereroi e sono cattivi sono supercattivi. Non ha senso cercare di bilanciarli con un contrabbandiere armato di blaster. Il problema dell’uso della Forza, nel mio modo di vedere, sta nell’uso che se ne fa (implicazioni morali, tentazione del lato oscuro ecc… ne riparleremo).

Le prove sono sempre prove di Abilità, gli Attributi dicono solo quanti dadi si devono tirare, da un minimo di 1 a un massimo di 3, usando i dadi ROSSI se si è la parte attiva, i dadi VERDI se si è la parte passiva. Il livello di conoscenza dell’Abilità invece detta quali risultati siano da considerare come validi.

Le Abilità possono essere:

  • non conosciute
  • addestrate
  • specializzate

(richiama un po’ la struttura delle skill del sistema d20, di cui mi piaceva la semplicità)

Intanto vi presento i dadi:

x-wing-Dice

Dall’alto in basso e da sinistra a destra: Successo critico, successo normale, Vantaggio, Difesa, Vantaggio. La terminologia è differente rispetto a X-wing, più avanti si capirà perché.

Per cui, quando si tirano i dadi ROSSI:

– Abilità non conosciuta: solo successi critici

– Abilità addestrata: successi critici e successi normali

– Abilità specializzata: successi critici, successi normali e Vantaggi

Lo stesso per i dadi VERDI, con la differenza che se l’Abilità non è Addestrata non si tira alcun dado. Se è Addestrata si usano come successi i risultati “difesa”, se è Specializzata valgono anche i Vantaggi.

Per cui, per esempio, un personaggio con Destrezza 2 e Armi a distanza a livello Addestrato, sparerà a un nemico tirando 2 dadi e considerando successi tutti i risultati critici e normali. Il nemico, con Destrezza 1 e Abilità Schivare a livello Addestrato, tirerà un dado verde e considererà validi i risultati “Difesa”.

Quando non c’è una parte passiva chiaramente identificabile, il Master riassume le variabili della situazione decidendo un numero di dadi difensivi (verdi) da lanciare: da zero (azione relativamente facile), a tre (azione quasi impossibile).

I successi dei dadi rossi e quelli dei dadi verdi si annullano a vicenda; se resta almeno un successo rosso, l’azione è riuscita, altrimenti no. Mi sembra abbastanza facile, ma per arrivarci ho dovuto lavorarci un po’. I dadi di X-wing sono fatti per risolvere scontri tra navi che hanno attacco e difesa predeterminati, mentre io volevo applicare il sistema a personaggi che devono poter graduare la propria competenza (e nel tempo incrementarla poco alla volta).

Ho quindi dovuto fare un po’ di prove per ottenere il modo di sgranare la competenza in almeno nove livelli, per avere una certa progressione nella difficoltà sia delle prove attive che delle prove passive. Per farlo ho dovuto rispolverare le mie patetiche nozioni di calcolo della probabilità, perché va bene fare il pirla, ma alla fine della fiera si deve arrivare ad avere qualcosa di giocabile. Quindi mi sono messo a pasticciare con anydice. A metà dell’opera, mi sono imbattuto in questa applicazione, che mi ha semplificato di molto il compito: X-Wing Probability Calculator

Ecco lo specchietto che ne è uscito. Indica la probabilità che lanciando un certo numero di dadi ROSSI si ottenga ALMENO UN SUCCESSO NON ANNULLATO.

probabilita

(Legenda: 1d= un dado; A= Abilità addestrata; S= Abilità Specializzata; la probabilità è espressa in percentuale, arrotondata alla prima cifra decimale)

Come si vede, le probabilità di successo in un’azione non contrastata sono piuttosto alte, e va bene così. Diminuiscono drasticamente quando si introducono i dadi verdi. In pratica, combinando tre livelli di Attributo con tre livelli di conoscenza dell’Abilità, si ottengono nove livelli di competenza possibili. Sta alla scelta del singolo giocatore se privilegiare il numero di dadi o la specializzazione in una singola Abilità.

La prossima volta spiego il combattimento e i Vantaggi.

Star Wars gaming


No, non ho visto l’ultimo Star Wars. Non posso quindi parlarne male, anche se i miei amici sono andati a vederlo e hanno espresso giudizi poco lusinghieri. Quello che ho sentito è stato abbastanza per mettere definitivamente una pietra tombale su questa ultima trilogia, senza rimpianti e senza alcun desiderio di sciropparmi l’ultimo capitolo di questa sbobba. Mi rimane il vivido ricordo delle sensazioni meravigliose che gli episodi IV – VI mi hanno regalato, a me che li ho visti almeno trentacinque volte ciascuno (giusto per dare la dimensione della mia “fanboy-ness”), e tanto basta. Per me Star Wars, nel bene e nel male, è quello lì.

Fatto sta che durante queste vacanze mi è tornata la voglia di giocare di ruolo nell’universo SW. Mi è tornata a distanza di un paio di anni (se non sbaglio) di assenza, dopo che la splendida campagna di Star Wars d20 Saga Edition, sotto la guida di un ispirato Mescalmaster, si era conclusa in maniera epica, drammatica e molto soddisfacente.

Lasciato alle spalle il mio tormentato Jedi Cereano e soprattutto archiviato il sistema d20, che prometteva bene ma che a metà campagna ha iniziato a mostrare i propri limiti, mi ritrovo con una intensa voglia di giocare e senza un sistema adeguato alle nostre esigenze. Stavolta il Master lo faccio io, per cui mi metto a cercare un sistema adatto.

Il panorama commerciale offre in sostanza le seguenti scelte:

  • l’edizione d6 di West End Games, ora mantenuta, aggiornata e ripulita da un manipolo di appassionati, in maniera forse non propriamente legale, ma tant’è.
  • l’edizione d20 già provata e accantonata. Bella, scintillante, giocabilissima fino al livello 5-6, poi si perde in una palude di regole minuziose e problemi di bilanciamento degli incontri che ci avevano fatto storcere un po’ il naso.
  • il materiale nuovo di Fantasy Flight Games. Materiale curato in maniera certosina dal punto di vista editoriale, ma “sgranato” in una serie di giochi tutti diversi e tutti uguali, pubblicati a scadenze strategiche e che necessitano di essere comprati tutti per consentire la massima libertà di azione e per avere accesso a un materiale che tutto sommato WEG ti serviva su un piatto d’argento già nel manuale base.
  • Un qualche tipo di regolamento generico, ancora da individuare.

wegIl gioco WEG è da sempre il riferimento principe per il GDR in salsa Star Wars, e ha contribuito alla creazione dell’Universo Espanso, ora non più considerato “canone” dalla Disney con un colpo di spugna che sputa in faccia ai fan peggio delle nefandezze perpetrate nella nuova trilogia, ma che all’epoca è passato tutto sommato quasi inosservato, tanto era l’hype per i “nuovi film”. Oggi ai miei occhi questa operazione appare per quello che è, cioè la classica porcata da multinazionale che acquista un franchise e fa quello che le pare tanto i nerd gonzi che lo hanno sostenuto spendendoci i propri quattrini si berranno qualsiasi cosa. Quindi, signori, la nuova etichetta del’Universo Espanso è “Legends”, non è più canone, non possiamo cancellarlo dalla faccia della terra perché non abbiamo ancora acquistato i diritti della macchina del tempo, per cui fatene quello che volete, tanto noi ce ne sbattiamo. La Nuova Repubblica non esiste, Luke non forma una nuova generazione di Jedi e si ritira su un’isola a mungere foche giganti. Evviva Topolino.

milk

Star Wars d6 ha inoltre il pregio di riguardare il periodo “giusto”, cioè quello coperto dagli Episodi IV – VI e quello successivo, dato che ha cessato le pubblicazioni nel 1998, un anno prima dell’uscita di Episodio 1. Il gioco è bellissimo, ma le secchiate di d6 che bisogna lanciare lo rendono un po’ datato. E’ un tipico gioco a skill, mitigate dalla presenza di template che facilitano la creazione del personaggio, ma pesantemente orientato alla task resolution. Rischia di diventare troppo pesante per il mio gruppo. Inoltre ho solo l’edizione in inglese, e questo può essere un handicap per almeno due dei miei giocatori.

Edge-of-the-Empire-Corerulebook_FFG_2013Di tutt’altra pasta mi sembra il sistema di FFG. All’inizio le meccaniche fondamentali sembrano più orientate alla conflict resolution, con una miriade di dadi di forma e colore diverso, con risultati personalizzati, per cui conviene comprarli. Se volete usare i “normali” dadi a sei, otto, dieci facce, ci sono delle pratiche tabelle di conversione, niente che non si possa superare con una laurea in ingegneria aerospaziale. Se non che, dopo una prima lettura del manuale di Edge of Empire, l’impressione che il gioco sia basato su conflict resolution cade miseramente. E’ un normale gioco a skill, in cui si passa da una task resolution all’altra aiutati da un sistema di dadi alquanto farraginoso e bizantino, che nelle intenzioni dovrebbe “far succedere cose”, dare spunto per proseguire l’azione concedendo vantaggi o svantaggi per le azioni successive. Per carità, non ho nulla contro i giochi di stampo tradizionale, io stesso mi definisco un convinto sostenitore della tendenza “neo-trad”. Più che altro mi domando che differenza ci sia tra un Master che prende spunto dalla narrazione condivisa per improvvisare effetti e conseguenze delle scelte dei giocatori e un Master che ti concede un “boost die” o che decide quanti “difficulty dice” assegnare. Si tratta sempre dello stesso schema, solo che viene reso più complicato dal dover tener traccia di una vasta gamma di dadi con funzioni diverse.

Purtroppo non ho la possibilità di provare il gioco e mi devo limitare a una guardata al manuale (peraltro non mio), per cui questa impressione generale potrebbe essere un clamoroso abbaglio. Il rischio di incaponirmi nel voler usare un sistema senza averlo capito, è di finire per non cogliere gli aspetti positivi che potrebbe offrirmi. Di certo mi scoccia dover acquistare tre manuali solo per avere la possibilità di disporre di tutte le opzioni necessarie. In più, non mi pare che sia stato localizzato in italiano, e questo, lo ripeto, sarebbe un problema per più di un giocatore.

Per quanto riguarda i sistemi generici, il panorama offre una vasta scelta, ma nessuno dei regolamenti generici che conosco mi sembra aderente allo spirito di Star Wars. Più che altro richiedono tutti pesantissimi adattamenti. E allora penso: se devo scrivere per un mese per adattare a Star Wars un GURPS (dio ci scampi), un FATE (molto meglio, ma non lo conosco abbastanza) o un Cortex (c’è qualcuno che lo usa?), e avere comunque un accrocco impresentabile, allora preferisco scrivermi un sistemino casalingo semplice e pulito come ho fatto con Dungeon Hack… tanto i gusti dei miei giocatori li conosco a menadito, e il fascino del fai da te esercita sulla mia fragile psiche un’attrazione fatale, praticamente in tutti i campi, dal giardinaggio alla decorazione di interni alla manutenzione del basso alla creazione di giochi di ruolo.

A quel punto mi cade l’occhio sullo scaffale dei giochi da tavolo e scorgo il bellissimo X-wing prima edizione, con le sue miniature carine carine e il suo sistema semplice ed elegante di dadi a otto facce. E mi ricordo che ne abbiamo un set base a testa. Dadi personalizzati. Sistema semplice. Segnalini.

In una fredda sera di dicembre, ho chiuso il tomo polveroso che stavo leggendo nel cuore della notte, e ho esclamato:

Si…

può…

FAREEEEEE!!!

maxresdefault

Lovecraft e i GDR – parte settima


Oggi si parla dell’evoluzione di un GDR minimalista scritto da un furbacchione che di GDR e di Lovecraft se ne intende: Graham Walmsley. Autore di perle come “Play Unsafe” e “Stealing Cthulhu”, ci aveva stupito anni fa con il suo Cthulhu Dark, un gdr che stava su una pagina. E adesso ci riprova con l’evoluzione della specie, direttamente da Kickstarter:

Cthulhu Dark

Ma come, si chiama allo stesso modo? Cominciamo bene…

Cthulhu_Dark_350E invece no, miei venticinque lettori, la fantasia al nostro autore difetta solo quando si tratta di inventare i nomi per i suoi giochi. Ma andiamo per ordine…

Domanda: Come fai a espandere un gioco da tre paginette fino a fargli raggiungere la dimensione di 198 pagine formato “Letter”? Risposta: non lo fai. Lo espandi fino a un massimo di una decina di pagine e tutto il resto sono consigli e ambientazione. Ci troviamo di fronte a una versione ripulita e meglio spiegata del buon vecchio Cthulhu Dark, cioè un gioco che fa della leggerezza del regolamento una forma d’arte. Mi limiterò al regolamento, riservando solo un cenno fuggevole alle quattro ambientazioni “di base” spiegate nel manuale. Il regolamento vero e proprio è tutto in quattro pagine, che potete scaricare dalla pagina di kickstarter dell’autore, insieme con altre “preview”. Qui c’è il link diretto.

Quando dico che il regolamento è una versione meglio spiegata del regolamento precedente, intendo proprio questo. Ogni riga delle suddette quattro pagine viene spiegata e commentata nelle dieci pagine successive. Devo dire che, ai tempi, pur apprezzando la semplicità di Cthulhu Dark e la sua innovativa indipendenza dai dettagli, ero rimasto spiazzato proprio dalla estrema sintesi delle regole. In molti punti mi sono domandato cosa intendesse dire l’autore, o come si dovesse interpretare una certa regola. Ora che mi viene fornita l’interpretazione autentica di quasi ogni parola, sono un uomo felice. Perché, capite, sono all’opposto dello spettro, per cui mi faccio prendere dal panico quando vedo una creazione personaggio così:

“Choose a name and occupation; describe your investigator”

Punto. Dove sono le statistiche? Una tabellina per creare un background? Due linee guida? VOGLIO LA MAMMAAA!! Continua a leggere

Lovecraft e i GDR – parte quarta


Sulle Tracce di Cthulhu

gdr-tracce-di-cthulhu-1024x652Questo gioco prende il sistema Gumshoe e lo trasporta nel mondo di Lovecraft. Per chi non conoscesse il sistema Gumshoe, ecco la versione breve: sistema adatto a gioco di ruolo investigativo basato sulla premessa che il divertimento non sta nella raccolta degli indizi, ma nella loro interpretazione. Reggerà bene al trapianto? Oppure i Miti provocheranno una crisi di rigetto?

Vediamolo insieme.

Il sistema

Il GUMSHOE System viene usato in diversi giochi pubblicati dalla Pelgrane Press. La prima ambientazione è stata The Esoterrorists, pubblicata in Italia dalla Janus Design come Esoterroristi. A questa se ne sono aggiunte poi altre, tra cui Sulle Tracce di Cthulhu.

Il sistema ruota intorno al concetto secondo cui il divertimento in un’avventura investigativa è dato dall’interpretazione degli indizi, non dalla loro ricerca. L’idea è: se un personaggio, per fare un esempio, sta cercando un volume in una biblioteca e questo volume, a causa di un tiro di dado andato male, non si trova, i personaggi non riusciranno a progredire nell’avventura oppure il Master dovrà arrabattarsi per farglielo trovare per forza. Quindi perché non automatizzare la fase di raccolta degli indizi e concentrare l’intervento dei giocatori sulla successiva fase di interpretazione? Se il personaggio in questione ha Ricerche Librarie e va alla biblioteca per cercare il tomo, siamo certi che egli lo troverà. Continua a leggere

Lovecraft e i GDR – Parte Seconda


cthulhuHo intenzione di proseguire nell’esplorazione di come sia possibile trasfondere nel gioco di ruolo le atmosfere lovecraftiane rimanendo fedeli all’impostazione letteraria data dall’Autore e alla natura peculiare dell’orrore nelle sue opere.

Dal prossimo post di questa serie mi dedicherò ad analizzare vari sistemi di gioco, tentando di individuare quali elementi in ciascun sistema di regole rinforzino la visione lovecraftiana e quali invece la stemperino senza volerlo. Una premessa è doverosa: tutti i giochi che analizzerò sono belli, tutti hanno meriti e tutti sono ben fatti. La mia ricerca è un divertissement, un esercizio ozioso da “purista” fatto per divertirmi. Vedetelo come un’analisi a tavolino volta a individuare quale sia il gioco “cthulesco” più adatto al mio gusto, e quindi quale sarà quello che mi deciderò una volta per tutte a giocare davvero. Alla fine di tutto, mi ritroverò con una lista di meccaniche di gioco, delle quali alcune si saranno rivelate valide, altre neutre e altre addirittura controproducenti. Questo può avere valore orientativo non soltanto nella scelta del sistema “migliore” per giocare “alla Lovecraft” ma anche un’utilità più generale, quella di gettare uno sguardo approfondito sulla vera funzione di alcune meccaniche che si possono ritrovare anche in altri generi e in altri giochi. Nelle mie intenzioni, inoltre, dovrebbe avere anche lo scopo di delineare quello che intendo per orrore lovecraftiano e, nel definirlo meglio, di farmi scoprire se sia possibile davvero riprodurlo nel GDR.

Tanto per togliermi il pensiero, attaccherò subito il peso massimo del genere, il Richiamo di Cthulhu. Seguirà Sulle tracce di Cthulhu, basato sul sistema Gumshoe. Se sarò ancora vivo, mi dedicherò a giochi “minori” o a valutare se sistemi generici siano convertibili con successo a questo sotto-genere di horror.

Il problema che devo affrontare è duplice: da un lato, come ho già ammesso in precedenza, l’analisi sarà basata soltanto sui manuali, senza “gioco giocato” a guidarmi. Confido nell’intervento integrativo dei lettori che hanno giocato a questi giochi per confermare o smentire le mie impressioni. Da un certo punto di vista, a ben vedere, il non aver giocato a nessuno di questi giochi può rivelarsi un vantaggio, perché non ci saranno ricordi di gioco a viziare le mie impressioni sui manuali e sui sistemi di regole.

Il secondo problema è la mole di lavoro che mi aspetta. Leggere un manuale di un gioco per estrapolarne e valutarne le regole principali sulla base di parametri alquanto personali, non necessariamente quelli ispirati a principi generali di buon game design, è per lo meno faticoso e molto dispendioso in termini di tempo. Tanto più che, per evitare di scrivere fregnacce, miei adorati venticinque lettori, ho deciso di rileggere per l’ennesima volta l’opera di Lovecraft, specialmente quella più legata ai miti di Cthulhu (ma questo non è un sacrificio, anzi, è la parte migliore dell’esperimento).

Tra l’altro ho scoperto che su youtube si trovano degli eccellenti audiolibri in lingua originale dei principali racconti di Lovecraft: basta cercare “Lovecraft audiobooks”. La voce narrante è bellissima e la prosa lovecraftiana è ricercata e appaga l’orecchio. Così quando gli occhi sono brasati da alcune ore di lavoro al computer più un paio d’ore di svago (sempre davanti allo schermo), posso passare in modalità audio.

Non ho mai detto di essere normale, fratelli in Yogh Sototh.

Mai affermato tale assurdità.

Il seguace, questo sconosciuto


seguace_01C’era una volta il seguace. Lo assoldavi per quattro monete, o addirittura ti seguiva di sua spontanea volontà in cambio di vitto e alloggio, ti aiutava nei combattimenti, portava vagonate di suppellettili e accessori, badava ai cavalli, faceva la guardia. Il tutto per avere il privilegio di imparare da te la difficile arte dell’avventuriero professionista.

Poi, piano piano, il seguace è sparito. Non volatilizzato, quanto piuttosto reso inoffensivo, sterilizzato, accantonato fino a farlo finire nel dimenticatoio.

Cosa lo ha ucciso? Era davvero così male? Possiamo rivitalizzare in qualche modo la categoria del seguace?

Il seguace nasce da esigenze pratiche, in un’epoca in cui gioco di ruolo era sinonimo di gioco di dungeon. Era il periodo di quella che ora viene chiamata “old school”. Lo scopo dei PG era di diventare potenti, acquisire ricchezze, depredare tombe e sotterranei senza mai cercare di salvare il mondo. Le motivazioni dei PG erano triviali come le loro esigenze. Mentre mi aggiro nei meandri del dungeon, chi bada ai cavalli? Il seguace. Quando mi sposto da A a B, chi foraggia? Il seguace. Quando vado in esplorazione dall’altra parte della collina, chi cura i nostri averi? Il seguace. Chi trasporta le casse con i tesori? Il disco di Tenser. Va bè, ma se non c’è un mago ci pensa il seguace.

Il seguace aveva molte ragioni di esistere, sia “in game” che “out of game”. Rendeva possibile saltare tutte le parti noiose e concentrarsi su quello che contava veramente (il combattimento, le trappole, i puzzle, i tesori). Il seguace diventava comodo anche come personaggio di riserva. Quando il guerriero cade in battaglia, cosa c’è di meglio che promuovere un seguace ad avventuriero a pieno titolo? Continua a leggere

Anydice, divertimento da nerd


Segnalo ai game designer e in generale a tutti coloro che si sono domandati almeno una volta “ma che probabilità esatte c’erano di colpire questo bastardo tirando un 1d20 con bonus di +7?” e cose simili:

anydice

Il programma gira online ed è in grado di calcolare le probabilità dei risultati di lanci di dado, esporli con vari metodi di output (compreso un pratico grafico) e filtrare i risultati in base a vari criteri. Non è semplicissimo da usare, specialmente se si vogliono usare funzioni un po’ complesse, ma dispone di comode funzioni predefinite.

Lo trovo particolarmente utile a tradurre in termini percentuali le probabilità “mascherate” di sistemi basati su dadi insoliti o su pool di dadi (come Mondo di Tenebra).

Neeeeeerd!