Eccoci ancora a parlare delle meraviglie dell’arco lungo. Questa volta toccherò due argomenti spinosissimi, strettamente collegati tra loro: la gittata e il potere di penetrazione.
Per quanto riguarda la gittata, è assai probabile che chiunque svolga per la prima volta una ricerca su questo argomento ne esca disorientato (a dir poco).
Le fonti storiche sono imprecise, talvolta contraddittorie, e la quasi totale mancanza di reperti funzionanti ci costringe a muoverci nel campo della speculazione. Ci sono tuttavia dei punti fermi che possiamo usare come linee guida nella nostra ricerca.
Un primo fatto importante è la legge inglese. Al tempo di re Enrico VIII la legge prevedeva che gli arcieri si esercitassero con bersagli lontani almeno 200 iarde. Si tratta di una distanza considerevole che si giustifica solo con il fatto che gli arcieri inglesi iniziavano l’allenamento in tenera età (3 anni!) e proseguivano per tutta la vita, raggiungendo livelli di perizia, forza e precisione difficilmente raggiungibili al giorno d’oggi. Per questo motivo, 200 iarde di distanza minima sono un dato credibile, anche se stupefacente.
Ma qual era la distanza massima? In sostanza, non c’era. Un arco è in grado di lanciare una freccia a una distanza che dipende da diversi fattori, non ultimo la robustezza della freccia medesima. Immaginando che il peso e la qualità costruttiva della freccia siano sempre adeguate all’arco in uso, il fattore principale che influenza la distanza massima è la potenza dell’arco. In pratica, finché c’è un arciere abbastanza robusto da tenderlo, si può sempre costruire un arco più potente. Il fattore umano quindi è determinante. Considerate anche che la tecnica di rilascio è molto importante: lo stesso arco, usato da due arcieri diversi può avere gittate diverse.
In generale, l’aura di leggenda che gli inglesi hanno sempre alimentato riguardo al long bow tende a rendere le fonti storiche (e le testimonianze degli appassionati) un tantino esagerate… Un po’ come parlare di katana con i giapponesi. Tuttavia, in seguito ad alcuni importanti ritrovamenti archeologici nell’Ottocento e nel Novecento, si è appreso molto di più sull’arco lungo e sulle sue reali capacità. Alcune prove eseguite sul campo addirittura con archi originali perfettamente preservati (del 1545, mica pizza e fichi) e molte prove eseguite con ricostruzioni accurate hanno prodotto risultati interessanti.
La tabella seguente è tratta dall’eccellente lavoro “Longbow – a social and military history” di Robert Hardy (Sutton Publishing: 2006), la cui lettura consiglio a chiunque volesse approfondire l’argomento al di là di questi miei cenni. Tra l’altro contiene una bibliografia sterminata e un’appendice tecnica per veri malati di mente.

arco

Come potete vedere, un arco lungo è in grado di scagliare una freccia fino a oltre 400 iarde di distanza, ma si tratta di una freccia leggera, adatta solo a generare le famose “nuvole di frecce” di cui parlano le cronache. Se si vuole penetrare una corazza, ci vuole ben altro, e la distanza deve essere molto inferiore. E questo ci porta al secondo problema.
La penetrazione dell’arco lungo dipende in larga parte da fattori simili a quelli che ne influenzano la gittata, con in più un particolare accento sulla robustezza della freccia e sulla forma della punta. C’erano punte per ogni necessità, adatte a ogni bisogna: dall’uccidere un tordo a penetrare una corazza di acciaio.
La domanda che gli appassionati di giochi di ruolo spesso si pongono è: fino a quale distanza una freccia è in grado di penetrare una corazza? Ahimè, non c’è risposta a questa domanda. O meglio, la risposta è quella – snervante – che gli esperti propinano sempre ai novizi: “dipende”.
Dipende dalla freccia: quanto pesa? Di cosa è fatta? Quanto è stabile la sua traiettoria e quanto bene fende l’aria? Che punta monta? Di che animale sono le penne (non sto scherzando)?
Dipende dall’arco: quanto è potente? Quanto è ben fatto?
Dipende dall’arciere: quanto bene ha scoccato la freccia? Quanto è accurata la sua mira?
Dipende dalla corazza: quanto è spessa? Di che materiale è fatta? Di che qualità è il materiale?
Dipende dalla posizione reciproca di freccia e corazza: qual è l’angolo di impatto? Se non è perpendicolare, ci sono buone probabilità che la freccia venga semplicemente deviata senza troppi danni.
bibparisCome vedete, un po’ troppi “dipende”. Forse un giocatore di ruolo dovrebbe porsi una domanda un po’ diversa: a quale distanza un arco lungo è pericoloso? In questo caso la risposta è semplice: a qualunque distanza entro la sua gittata. C’è sempre la possibilità che una freccia trovi un punto debole nella corazza, una celata sollevata, una chiappa scoperta, anche a 350 iarde di distanza. Tuttavia entro le 30 iarde una freccia robusta, scoccata da un arco lungo da almeno 100 lb, con una punta adatta, è in grado di bucare anche una corazza a piastre di buona qualità. Questa efficacia diminuisce drasticamente entro le 60 iarde, oltre le quali si deve sperare nella suddetta chiappa scoperta (vedi a fianco) per fare qualche danno serio. Diverso il discorso per la maglia e per altre forme di protezione meno efficaci. In questo caso non c’è storia, l’arco lungo regna incontrastato, con un potere di penetrazione nettamente superiore anche a gittate maggiori.

Nei giochi di ruolo. Prendendo in considerazione il D&D classico, la gittata riportata sul regolamento potrebbe sembrare eccessivamente corta. In effetti lo è, tuttavia si consideri che il D&D classico era un gioco di dungeon, almeno in prevalenza. Si ricordi che persino gli incantesimi avevano gittate molto corte, salvo poi incrementarsi automaticamente quando le avventure si svolgevano all’aria aperta. Almeno, così mi pare di ricordare. Il punto è che una gittata così corta non significava che l’arco fosse inutile al di sopra di questa gittata, ma piuttosto che entro la gittata indicata era possibile mirare e colpire un bersaglio secondo le logiche del regolamento. Era cioè possibile usare l’arco con traiettoria tesa (l’unica consentita in un dungeon!) e con ragionevoli probabilità di colpire un bersaglio preciso, piuttosto che una intera formazione di uomini con una traiettoria a campana. Credo che nessun Master, nemmeno il più hardcore, abbia mai negato ai propri giocatori muniti di arco lungo la possibilità di effettuare un tiro per colpire oltre gittata massima, salvo applicare modificatori che rendevano il successo quasi impossibile. E paradossalmente, questi aggiustamenti, queste regole della casa basate sul buon senso alla fine corrispondevano alla realtà molto più di quanto non possano fare accurate tabelle che si sforzino di riprodurre tutte le complesse variabili che influenzano la gittata di un arco.

In definitiva, ai fini dell’inserimento nel gioco concreto di tutte le informazioni che ho esposto in questi due articoletti, è utile tenere a mente che lo scopo ultimo di (quasi) tutti i GDR non è la riproduzione fedele della realtà, bensì la riproduzione di dinamiche abbastanza realistiche da consentire al gioco di procedere senza rompere il tipo del tutto particolare di sospensione dell’incredulità che anima i giochi di ruolo. Ciò è valido per tutte le “creative agendas”, e non solo per il simulazionismo. Tutto ha un senso solo se si considerano i dettagli realistici come mezzi per generare occasioni di buon gioco di ruolo. Sapere che un’armatura di piastre non sempre protegge da una freccia è utile solo per infondere incertezza, per rendere più pericolosa – e pertanto più eroica – la situazione. Cavillare sull’angolo di incidenza del colpo non è produttivo. Usare questa informazione per narrare efficacemente il risultato di un colpo non andato a segno, invece lo è. Il Master che conosce questo dettaglio lo può inserire per rendere più interessante la scena:

“La freccia sibila verso il cavaliere e con un secco crack si spezza, mentre la punta viene deflessa dallo spallaccio.” è più carino di “manchi il bersaglio”.

Se poi qualcuno vuole introdurre regole della casa per riprodurre accuratamente i dettagli dell’uso e della gestione dell’arco lungo, padronissimo di farlo, purché tutti i giocatori siano a proprio agio con questo livello di dettaglio. Per quanto mi riguarda, preferisco che certi meccanismi non entrino di prepotenza nel regolamento, ma siano un modo per arricchire la parte “interpretata” del gioco di ruolo.

Keep gaming.

Un pensiero su “Miti da sfatare – L’Arco (parte seconda)

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