Periodicamente fa bene immergersi nell’atmosfera dei “good old days”, il che è esattamente quello che si è fatto ieri sera. Con la Gilda decimata dall’influenza, i cinque superstiti si sono ritrovati per una sessione gamista e munchkinista di D&D 3.5.
Personaggi: quattro ignoranti picchiatori, zero chierici, zero maghi. Solo botte. Non credevo che ce l’avrebbero fatta, ma alla fine sono ancora tutti in piedi. L’avventura è stata veloce e lineare, i giocatori hanno accettato di buon grado un po’ di railroading iniziale pur di gettarsi subito nell’azione (ma preciso che da ora in avanti l’ambientazione sarà “sandbox”: c’è un’area molto vasta, una base e molte zone ostili da esplorare. In quest’area i pg possono fare letteralmente quello che vogliono, una specie di skyrim ma più flessibile).
I giocatori sono stati bravissimi, hanno capito lo spirito sotteso a questa operazione-nostalgia e hanno giocato D&D come deve essere giocato. Bravi a tutti. Il sottoscritto è stato persino preso in castagna per aver fatto una gaffe tremenda (ahimè, la ruggine sulle regole è tanta): ho concesso due colpi critici su due non morti! Buuuuu!!!! Vergogna, vergogna, non si fa. Portate pazienza, la prossima volta sarò un gioiellino.
Sono ansioso di vedere come se la cava la Gilda al completo la prossima volta.
Ancora una volta, (con convinzione ed entusiasmo) keep gaming!
Da due settimane il progetto Dungeon Hack sta ristagnando. Non si gioca, perché non siamo riusciti a coordinarci, non vado avanti nella stesura del nuovo manuale perché il lavoro e la bambina mi stanno succhiando tutto il tempo libero. E proprio in questi momenti, neanche a farlo apposta, mi vengono le idee migliori. Ho pensato di riarrangiare la sezione dedicata all’equipaggiamento, retrodatando il livello tecnologico a quello della prima parte del XIII secolo. Ciò contribuirà, nelle mie intenzioni, a ricreare il senso di “età oscura” che voglio dare all’ambientazione.
Sempre a livello di tecnologia, è indispensabile creare qualche elenco di oggetti disponibili coerenti con l’ambientazione, e se si va a verificare punto per punto l’elenco standard di “oggetti da avventuriero” fornito da D&D ci si accorge che è un caos.
Inoltre ho avuto idee interessanti sulla religione, che dovrebbe rivestire un ruolo centrale in questa specie di mondo sempre sull’orlo della disperazione che mi sono inventato.
Il tutto però richiede accurata pianificazione ed accuratissimo studio, cose che non ho tempo di fare, dannazione!
Come se non bastasse, mi è venuto il ghiribizzo di fare una serata “one shot” a Mondo di Tenebra, per cui mi sono messo a leggiucchiare qualche pubblicazione interessante. Anche qui, la lettura è frammentaria e comunque richiederebbe pesanti modifiche per dare vita ad una serata davvero “speciale”. E anche qui, ho dovuto gettare la spugna e rimandare almeno di una settimana.
Accidenti, questa vita reale sta cominciando ad essere troppo invadente.
Ieri sera ci siamo cimentati nel gioco “Le Case della Follia”. Non è la prima volta che giochiamo, sarà la quinta partita o giù di lì. Il gioco è molto d’atmosfera (più di Arkham Horror, secondo me) e lo trovo divertente. Non lo conosco abbastanza bene per farne una recensione, probabilmente ne scriverò una dopo averlo provato ancora un po’. Fino ad ora il buon Mescal (proprietario del gioco) ha svolto il ruolo del Keeper, il Custode, l’unico giocatore che gioca contro gli altri, i quali invece interpretano gli sventurati investigatori, che come da copione finiscono triturati, masticati, schiacciati, fisicamente e mentalmente sfregiati da pazzi, maniaci, cultisti, shoggoth, ctoniani, streghe, byakee e da tutto il repertorio di orrori imbastito dal Solitario di Providence. Se non sapete chi è il Solitario di Providence, vergognatevi e andate subito qui a farvi una cultura.
Il mio problema con Lovecraft è che lo adoro. Qualsiasi cosa ambientata nel mondo immaginato da questo pazzo vero è a me gradita. Quando si tratta di Lovecraft la mia obbiettività va a farsi benedire. Volete una recensione obbiettiva di Arkham Horror? Bussate a un’altra porta. Il gioco di ruolo di Chaosium? Un sogno. La sua recente incarnazione in salsa Gumshoe? Geniale, ovvio. I racconti originali di Lovecraft? Tutti bellissimi.
Il fatto che fosse un misantropo, disturbato, razzista e sostanzialmente ignorante di tutto ciò che non era anglosassone non mi disturba affatto. Lui ha visto, o per lo meno ha intuito la vera natura dell’orrore e ce l’ha comunicata con la sua arte.
Detto questo, il gioco com’è? A parte l’ambientazione (che adoro, naturalmente), l’impressione è che sia davvero troppo difficile per i giocatori che interpretano gli investigatori. Non riesco ancora a capire se ciò sia dovuto ad uno sbilanciamento delle regole o alla machiavellica abilità di Mescal in questo tipo di giochi. Quando avrò provato a giocarlo con un altro Custode mi farò un’idea più precisa. Intanto inserisco nel sito una pagina dedicata, per ospitare le FAQ del gioco e forse – in futuro – qualche regola della casa.
D&D è giocato in molti modi diversi, non sempre in linea con il regolamento. In particolare, un aspetto che varia molto da gruppo a gruppo (o addirittura da un giocatore a un altro) è l’interazione dei personaggi tra loro con con i personaggi non giocanti. Alcuni descrivono tutto in terza persona, altri dialogano direttamente entrando nel personaggio, da cui le espressioni “out of character” o “in character”.
Per rendere chiaro il ragionamento farò alcuni esempi, a cui in seguito apporterò modifiche e farò commenti. Il personaggio entra in un negozio sapendo che il mercante è un ricettatore di armi pregiate rubate ai Nani.
Esempio di gioco “in character”:
Master: entri nel negozio e il mercante ti viene incontro “Buongiorno signore, prego osservi le nostre merci, qui potrà trovare ogni tipo di arma di cui possa aver bisogno!”
Giocatore: Buongiorno a lei, stavo cercando un articolo in particolare: un urgrosh nanico.
Master: Purtroppo signore devo deluderla, trattiamo solo armi umane. I Nani detengono il monopolio degli urgrosh e sono estremamente attenti a che nessuno lo infranga.
Giocatore (con tono suadente): Un uccellino mi ha detto che qui avrei potuto trovare qualcosa del genere… naturalmente pagando per il disturbo e per la discrezione…
Master (cauto): Potrei conoscere qualcuno che la indirizzerà sulla giusta strada… naturalmente non garantisco nulla, ma se non è una questione di prezzo…”
Giocatore (furbescamente): non è una questione di prezzo. Voglio un’arma ben fatta, ma preferirei evitare di avere a che fare con i Nani… (facendo l’occhiolino).
Master: “Mi segua nel retro.”
La stessa scena “out of character”:
Master: entri nel negozio e il mercante ti viene incontro, salutandoti cordialmente e magnificando la qualità delle sue merci.
Giocatore: gli chiedo se ha da vendermi un urgrosh nanico.
Master: ti risponde che purtroppo tratta solo armi umane. I Nani detengono il monopolio del commercio degli urgrosh e sono molto attenti a che nessuno lo infranga.
Giocatore: tento di convincerlo a vendermene uno di contrabbando (esegue una prova di Persuasione – ha successo)
Master: il mercante ti chiede di seguirlo sul retro, con fare cospiratorio.
Quelli sopra sono esempi estremi: da un lato l’interpretazione pura, quasi una recitazione, intervallata soltanto dalle descrizioni ambientali del Master. Dall’altro lato abbiamo il gioco in terza persona “puro”.
In realtà, tra questi due estremi esistono innumerevoli varianti. Spesso si assiste ad un mix di questo tipo: Continua a leggere
Tre morti su sei è un’importante indicazione della letalità di un gioco. Intendiamoci, chi ha giocato con me ad altri giochi sa che non sono il classico Master bastardo che gioca contro i giocatori, quindi devo dedurre che l’intento di ripescare la difficoltà del vecchio stile di gioco è perfettamente riuscito: Dungeon Hack è un gioco che non fa sconti a nessuno. Certo, il dado non ha girato per niente a favore dei giocatori (ma faccio notare che, per una mia religione personale, i tiri di dado durante i combattimenti sono sempre fatti in chiaro quindi è tutto alla luce del sole).
Osservazioni sparse sul sistema dal mio punto di vista, che non necessariamente coincide con le percezioni dei giocatori:
1) il combattimento funziona. C’è ancora una certa resistenza a personalizzare gli attacchi, siamo ancora schiavi del D&D (“lo attacco” e tiro il dado). Chi ha provato ad eseguire attacchi mirati ha beneficiato di enormi vantaggi tattici che alla lunga hanno ripagato gli sforzi.
Noto inoltre una certa macchinosità delle regole nella gestione dell’impegno e della fatica. La nuova scheda con le barre laterali aiuta molto, ma non risolve. Forse si tratta di abituarsi, senza dubbio nel regolamento nuovo le regole sul Vigore e sulla Concentrazione saranno spiegate diffusamente con abbondanza di esempi pratici.
2) la gestione delle abilità fuori dal combattimento è agile e non mi sembra che presenti problemi particolari. Anche qui, il nuovo regolamento apporterà delle innovazioni significative per arricchire le capacità dei personaggi e qualche distinguo che mi sembra necessario.
3) Il numero dei giocatori è un problema che non riguarda il sistema, ma mi domando cosa avrei fatto per gestire le stesse situazioni di gioco con D&D 3.5 e sei giocatori. Da questo punto di vista DH è un aiuto non indifferente. Il rischio è di diventare troppo arbitrario nelle scelte, ma nel regolamento nuovo (che è quasi pronto) ci sono un paio di novità che tolgono il potere di decidere al Master e lo affidano alternativamente ai giocatori e al caso.
4) Le dolenti note sono, ahimè, quelle riguardanti la magia. Punto primo: la magia Teurgica (che il buon Mescal mi ha aiutato a sviluppare e testare) si è rivelata totalmente inadatta alle situazioni concitate di cui vive Dungeon Hack. Semplicemente, non funziona. Cestinare senza pietà.
La magia Alchimistica tiene bene, ma forse risente di una certa indeterminatezza di finalità. La magia Mentale è quella che si comporta meglio. E’ semplice, snella, efficace e facile da usare e memorizzare. La magia Elementale è un abbozzo che, vi confesso, non sento particolarmente mio.
Quindi?
Quindi attendo come sempre le osservazioni dei miei cari giocatori per apportare correzioni. Per quanto riguarda la magia invece propongo un (doloroso, per me che ci ho speso tante ore) taglio netto: nella nuova versione di DH torniamo alle origini, cioè la magia delle rune, che era diversa da quella di D&D ma era anche versatile e snella. Abbisogna di un bel po’ di aggiustamenti ma tutto sommato ci siamo divertiti di più quando giocavamo con quella (vi ricordo le partite di test dell’anno scorso con ambientazione originale molto “medievale”, nonché l’esperimento Ravenloft). Ditemi cosa ne pensate.
Abbiate pazienza per tutti questi cambiamenti, ma è un percorso necessario se vogliamo costruirci un gioco su misura. Chiunque voglia essere coinvolto maggiormente nelle decisioni e nella stesura di regole di prova, non deve fare altro che dirmelo. In fondo, questo non è il mio gioco, è il nostro gioco e ogni intervento è ben accetto. No Mescal, so bene che tu non puoi essere coivolto più di così, ma sei un’eccezione, non tutti vivono con noi a Nerdilandia, facciamocene una ragione.
Ciao a tutti, amici vicini e lontani. Solo un breve aggiornamento per chi ci segue: ho cestinato il post di Mescal su Dynamo e le sue magie perché.. aveva troppo successo! Ogni giorno un centinaio di contatti arrivati qui con ricerche del tipo: “Dynamo magie impossibili” Dynamo trucchi” “Dynamo” e uno stupendo “Dynamo come fa?”. Bello, peccato che questo sia un blog dedicato al fantasy e al gioco di ruolo, che sicuramente riscuote molto meno successo di un ragazzotto in gamba a fare trucchi con le carte. Il posto su Dynamo era carino ma era un fuori programma e non voglio che chi capita qui lo faccia per errore, preferisco essere linkato da amici che hanno gli stessi interessi e apprezzano quello che ho da dire. Quindi sorry Mescal, ma Dynamo si è volatilizzato (con uno dei suoi trucchi?) da questo blog.
In compenso c’è stato un po’ di movimento nei commenti, qualcuno dei trenta/quaranta lurkatori quotidiani è uscito dall’ombra, qualcun altro è capitato qui e ha detto la sua (grazie a tutti) e in generale il blog sta prendendo una bella piega.
Sto perfezionando il regolamento versione 1.0 di Dungeon Hack che, per motivi che poi spiegherò, presto cambierà nome
Ho messo mano al progetto Gotico Vittoriano con rinnovata verve, cercando di applicare le idee che vado sviscerando nella serie di post “gestione linguistica della simulazione”.
Un agosto di fermento creativo, quindi, di lavoro “dietro le quinte” necessario per arrivare a quest’autunno preparato e agguerrito più che mai.
Per scrivere la continuazione dello scorso post sono andato a rileggere gli articoli di The Forge dedicati alla teoria tripartita, giusto per riordinare le idee e per usare un linguaggio formalmente corretto nei prossimi articoli.
Per chi non conoscesse la teoria, il consiglio è di colmare questa lacuna: prima leggetevi l’articolo di Ron Edwards intitolato “System does matter“. A sua volta, la tripartizione che egli usa tra Gamismo, Narrativismo e Simulazionismo è mutuata dal cosiddetto “Threefold model“, detto anche modello GNS. Non ho tempo e nemmeno molta voglia di tradurre gli articoli, per cui li darò per scontati da qui in poi. Riporto per comodità solo la definizione abbreviata, ma vi raccomando di approfondire la teoria perché è davvero interessante e serve non solo a creare giochi migliori, ma soprattutto a giocare e a masterizzare meglio. Le traduzioni (brutte) sono mie. Continua a leggere
Negli ultimi giorni il criceto che ho in testa non fa che girare a vuoto sulla ruota della magia. Dopo i commenti al post sulla magia in Dungeon Hack, ho riflettuto molto sulle possibili soluzioni ai tre problemi evidenziati in quel post.
E poi ho riflettuto sul fatto che uso tutto il tempo fuori dal lavoro per rimuginare su queste cose. Certe volte ci penso anche al lavoro, come in questo momento di pausa.
Quindi ho riflettuto sulla probabilità che i voli di fantasia a cui mi sottopongo siano estenuanti ed improduttivi, sottraggano energie mentali al lavoro, tempo ad altri svaghi e attenzione alla famiglia.
Infine ho concluso che non posso farne a meno, non ora. Non in questo preciso momento della mia vita.
Perché si gioca di ruolo? Perché si gioca, in generale? Perché alcuni di noi non si limitano a godersi la partita ma ritornano con la mente su questi temi tutto sommato marginali? Cosa spinge un essere umano a investire tempo ed energie per creare un gioco che rimarrà un passatempo semi-sconosciuto invece di comprarne uno e farla finita lì?
Il mio sospetto è che la motivazione per tutto questo sia in qualche modo malata, che dall’intensità della reazione (fuga nel mondo fantasy) si misuri l’entità del problema (mondo reale, o meglio percezione soggettiva di esso). Come dire che i più sani di noi sono quelli che si fanno una partita a D&D e poi tornano alle loro vite. Come dire che il più malato di tutti sono io, che alla mia vita non ci voglio tornare mai. Non voglio suonare più pessimista di quanto non mi senta adesso, mi sto solo domandando se tutte queste sovrastrutture mentali e questo continuo macinare su regole, ambientazioni, teoria del gdr non siano solo una valvola di sfogo che mi impedisce di affrontare quello che nella vita non mi piace, piuttosto che una genuina spinta creativa che mi porterà da qualche parte.
Il livello di dedizione, passione e concentrazione che riservo all’hobby è riscontrabile soltanto in due tipi di individui, spesso facili da confondere: i pazzi e i geni. L’unica differenza tra i due è che i geni usano questa dedizione per eccellere in attività utili, produttive: scienziati, artisti, maghi della finanza, scrittori di successo, mostri del computer, persino santi e guru. Sono tutte persone che hanno successo perché pensano ad una sola cosa, e quella cosa è, per puro caso, redditizia e/o utile al prossimo. Poi ci sono i pazzi. Anche loro pensano sempre alle stesse cose, anche loro sono monomaniaci, ma lo sono in modo ripetitivo ed inutile. I geni fissano una linea retta, che dà loro la rotta per il futuro. I pazzi fissano una linea circolare, che li riporta sempre allo stesso punto e non fa progredire nè loro nè gli altri. Pensano in circolo. Come il criceto.
In questa pausa di metà mattina sto riflettendo sul sistema magico che ho incluso in Dungeon Hack e noto che qualcosa non funziona. D’accordo, il manuale per il playtesting è particolarmente lacunoso e sintetico al riguardo e probabilmente una trattazione più estesa potrebbe aiutare i giocatori ad entrare nello spirito, ma mi sono accorto che nel gruppo la magia è stata presa sottogamba. Mi sembra di individuare un problema di fondo: l’abitudine a giocare con incantesimi precostituiti in stile D&D è dura a morire. I giocatori che hanno creato Incantatori fino ad ora hanno inventato tre o quattro incantesimi e continuano ad usare quelli, ignorando completamente tutto il resto. L’improvvisazione di un incantesimo è lasciata come ipotesi residuale sostanzialmente non praticata.
Secondo me un gioco dovrebbe essere autoesplicativo, nel senso che dovrebbe, tramite le regole, incoraggiare un tipo di approccio piuttosto che un altro senza che nessuno, nè Master nè autore, debba esplicitamente dire: “gioca così piuttosto che cosà”. Se come game designer devo arrivare a dire ai giocatori qualcosa di simile, vuol dire che il problema è mio che non sono riuscito a convogliare in loro lo spirito giusto tramite regole semplici da interpretare e applicare.
La magia, dicevo. Lo spirito originario era molto semplice: la magia è imprevedibile, è misteriosa, è in qualche modo pericolosa. Lo deve essere anche per un Incantatore, seppure in misura inferiore ad un “profano”. L’idea di mischiare degli ingredienti semplici (parole e gesti) per ottenere effetti sempre diversi a seconda dell’intenzione dell’incantatore mi sembra buona e ci sono affezionato, nel senso che non la vorrei cambiare senza un motivo valido. D’altra parte quello che non funziona va buttato. Prima di decapitare il sistema magico di DH, però, voglio dargli una chance in più.
Problemi che ho individuato (messaggio ai playtesters: datemi conferma se li vedete anche voi):
1) lanciare incantesimi senza preparazione è troppo macchinoso, nel senso che richiede i seguenti passaggi: a) individuazione dell’effetto che si vuole ottenere; b) comunicazione di tale intenzione al Master; c) valutazione da parte del Master della difficoltà della prova; d) prova di dado; e) descrizione degli effetti; eventualmente anche: f) decisione da parte del Master degli effetti negativi e loro descrizione.
Lento, ingombrante. Vuoi mettere con l’immediatezza di un “lancio una palla di fuoco”? Vero è che le opportunità narrative offerte dal sistema sono molto maggiori, ma è maggiore anche la lentezza con cui procede il tutto. Cosa fanno gli altri giocatori mentre l’Incantatore e il Master si gingillano con bizantinismi vari? Si annoiano, con tutta probabilità.
2) le opzioni a disposizione del giocatore sono troppe. In sostanza, un Incantatore può fare qualsiasi cosa, con l’unica limitazione della difficoltà. Questo porta ad una sorta di “pensiero rigido”. Regola generale (anche al di fuori del GDR): chi ha troppe scelte a disposizione finisce per fare sempre le stesse cose, viceversa chi ha molti limiti trova sempre nuovi modi per superarli. In sostanza, ho notato che i giocatori soffrono di una specie di disturbo bipolare del tipo: “Sono Dio, posso fare qualsiasi cosa – ma che cosa?” e poi “OK, ho deciso: vorrei rovesciare il mondo ma sono troppo pippa per farlo, aspetterò di raggiungere il quinto livello”.
3) Gli incantesimi preordinati sono troppo vantaggiosi rispetto a quelli improvvisati, per cui si preferisce usare i tre o quattro iniziali piuttosto che rischiare qualcosa di nuovo. Attualmente l’incantesimo preordinato ha tre vantaggi rispetto a quello improvvisato: permette di non far succedere Brutte Cose con un risultato di 1, i suoi effetti sono sempre prevedibili, la difficoltà di lancio è ridotta rispetto ad un incantesimo identico però improvvisato. Ciascuno di questi tre vantaggi sarebbe sufficiente a giustificare il ricorso ad incantesimi preordinati, ma la somma dei tre è troppo.
Miei adorati (!) playtesters, vorreste per favore illuminarmi su come la pensate in merito? Dobbiamo cambiare tutto oppure mi devo solo rimboccare le maniche e fare qualche aggiustatina qua e là?
Messaggio per i frequentatori occasionali del blog: commentate anche voi, ogni osservazione sul sistema magico che dovrebbe avere un gioco di esplorazione di dungeon è più che gradita! Se ci sarà interesse generalizzato, possiamo anche iniziare una discussione dedicata in materia.