Alla fine è giunto il momento di sporcarsi le mani. Giocare a un gioco di ruolo ispirato da Lovecraft è sempre stato un mio desiderio, ma mi sono volutamente astenuto dal farlo per una serie di motivi, che ho già spiegato in post precedenti, ma che si possono riassumere così: temevo di non essere all’altezza. Temevo che giocando a Call of Cthulhu o a qualche altro gioco ispirato dall’opera del Sognatore sarei rimasto deluso. Deluso dal gioco, che avrebbe potuto rivelarsi poco coinvolgente o poco tematico, deluso da me stesso come Master (o Custode, che dir si voglia), deluso dai giocatori, che avrebbero potuto rivelarsi poco inclini a ricreare le atmosfere lovecraftiane, finendo per giocare un gioco-frankenstein con le regole di Cthulhu e il sapore di D&D.

Ho quindi fatto quello che riesco a fare meglio: procrastinare, analizzare, soppesare, meditare. Prepararmi finché non mi sento sicuro. Che poi lo sanno tutti che quando uno fa così non si sentirà sicuro mai: “salta, e la rete apparirà” diceva il saggio. Il che è facile quando di una cosa ti frega solo fino a un certo punto. Se per esempio decidessi di provare Cyberpunk mi leggerei il manuale, tirerei insieme un canovaccio e via, ma Lovecraft è sacro. La paura di giocare a qualcosa che mi fa così gola e scoprire che invece è “meh” è troppo forte. Suono davvero come un nerd fragilissimo, lo so, ma sospetto che siamo in tanti. Tanto per far capire fino a che punto può arrivare il mio evitamento: non ho mai fatto vedere a mia moglie la trilogia completa di Guerre Stellari (se avete domandato “quale trilogia?” uscite di qui). Perché? Perché non riuscirei a sopportare una reazione che non fosse più che entusiastica. E siccome so che la reazione non sarebbe più che entusiastica perché mia moglie non si entusiasma per niente, soprattutto per le cose che piacciono a me, preferisco vivere nel dubbio, o meglio ancora coltivare l’illusione che se guardasse la dannata trilogia le piacerebbe tantissimo, ma proprio un casino. Mi chiederebbe persino di vedere anche la trilogia dei prequel, e io, con la trepidazione dell’appassionato che si fa carico di introdurre una mente vergine al Verbo, mi godrei i suoi commenti indignati sui buchi della trama, le incongruenze logiche, la mancanza della continuità con la trilogia originale, la noia assurda delle parentesi politiche, il disgusto per un personaggio come Jarjar Binks. Sarebbe un momento di comunione spirituale a livelli altissimi, una pietra miliare del nostro matrimonio che a confronto la nascita dei figli è stato un evento ordinario.

E invece no. Perché le probabilità che cose si verifichino diversamente sono schiaccianti. Tipo 9 a 1 o giù di lì. Il massimo che potrei ottenere sarebbe un distratto “carino” che suona come una presa per i fondelli. Quindi evito – mi crogiolo nelle illusioni ed evito.

Con Lovecraft è stato un po’ così, finché mi sono detto che la vita è breve e che è meglio una giocata venuta male che non giocare mai. Come dire che la perfezione è una chimera, una scusa per l’immobilismo.

E allora via: ieri sera l’abbiamo fatto. Avventura pubblicata di stampo introduttivo (Blackwater Creek), da giocare in una sera tanto per vedere come me la cavo e come se la cavano i giocatori. Le condizioni di partenza non erano proprio ideali: un Custode alle prime armi con il regolamento, e quattro giocatori completamente a digiuno del medesimo. Quando dico a digiuno intendo proprio inconsapevoli, del tipo “che dadi si usano in questo gioco?”. A ciò si aggiunga che solo uno su quattro conosce abbastanza Lovecraft, due su quattro hanno letto qualche racconto e uno non lo aveva mai sentito nominare. Far conoscere l’orrore cosmico a chi non ha mai letto Lovecraft è come descrivere i colori a un daltonico, ma quando decido di buttarmi deve essere senza paracadute perché – cacchio – devo vedere il sangue, e non importa se è il mio.

Alla fine ne sono uscito piuttosto soddisfatto. I giocatori sembrano essersi divertiti, l’atmosfera c’era e l’avventura è andata liscia come l’olio. Per inciso, è terminata in tre ore, con una scena madre in cui due investigatori sono scappati nei boschi in preda alla follia, uno è svenuto solo per essere consumato dall’Innominabile, e uno si è sparato una fucilata in bocca. Un successone! C’è da dire che i miei giocatori sono assuefatti al mio stile. Pure senza conoscere Lovecraft hanno avuto un forte deja vu perché il mio modo di masterizzazione horror risente moltissimo dell’influenza lovecraftiana. O, se volete, sono anni che giocano horror cosmico senza saperlo.

Non ci sono andato pesante con il regolamento, non aveva senso ammorbare tutti con dettagli minuziosi: la storia prima di tutto. Nelle prossime avventure introdurremo gradualmente dettagli meccanici, a partire dalla creazione del personaggio, che questa volta non è stata necessaria perché si trattava di personaggi pre-generati.

E anche questa è andata. Keep gaming.

5 pensieri su “Call of Cthulhu: ebbene sì

  1. Ricordo la mia prima volta che ho giocato a Chtulhu col sistema gumshoe l’avventura era tirata per i capelli con personaggi preparati dal custode e railrodata (si dirà così?) Come poche. Eppure in un momento mentre la giocavamo mi è venuta la pelle d’oca e tornando a casa dopo ,comp!ice un temporale, ci siamo guardati alle spalle più volte mia moglie ed io. Beh alla fine è stata quella sensazione a rendere speciale quella serata. Quindi vi tranquillo Penny, credo che utili giocatori apprezzeranno anchee le altre avventure!

  2. Meglio buttarsi, alla fine. L’ultima volta che ho giocato a Call of Chtulhu l’avventura mi è sfuggita di mano ed è diventata una cosa alla ‘Armata delle tenebre’, ma è stato molto divertente lo stesso.

  3. La prima volta che ho giocato il mio personaggio si è sparato in bocca con un fucile da caccia! (VERO PENNYMASTER?)
    Mi sono divertito molto, bellissima serata, sei stato molto bravo.
    Non vedo l’ora di giocare ancora.

  4. Dalla descrizione e dai commenti in diretta di Mescal mi sa che avrei dovuto esserci.
    Lovecraft mi ha sempre affascinato, la mia reticenza a partecipare, in parte dovuta all’ignoranza sul sistema di gioco di Chtulu, è dovuta al non voler adottare troppi sistemi di gioco, ma a sto punto perché non provare??
    Sono comunque ancora legato alle campagne del vecchio dnd e ai personaggi per i quali ora si può usare l’aggettivo “mitico” senza l’abuso ormai di routine, che credo non si possano sviluppare in giochi come Chtulu o anche Mdt, ma a quasi 50 anni con moglie figli e gatto bisogna accontentarsi

    1. Decisamente non è un gioco che favorisce lunghe convivenze con il proprio personaggio. Affezionarsi vuol dire condividere almeno un po’ la sua discesa nella follia…

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