Questa puntata di Monster Makeover è dedicata ai Grimlock, una razza di umanoidi che vivono sottoterra, completamente ciechi. In realtà non si tratta di un vero e proprio makeover, nel senso che le statistiche del mostro non saranno toccate. Ho scelto il grimlock perché mi dà modo di ragionare su un aspetto dei mostri nei GDR fantasy, o meglio su un modo di presentarli che a mio avviso toglie mordente anche ai mostri più interessanti. Il grimlock di per sè non è un mostro scialbo, ma è presentato in maniera stereotipata e piatta nei manuali, spesso corredati di illustrazioni non proprio all’altezza della situazione. Il risultato è che nessuno lo usa. Qualcuno ha mai usato il grimlock nelle sue campagne? Ecco, appunto. Se devi popolare una caverna il più delle volte vai sul sicuro e ci schiaffi dentro i soliti goblin o coboldi (al primo livello) per poi muoversi verso creature più letali ai livelli inferiori.

Leggendo la descrizione del grimlock nel Manuale dei Mostri di D&D 3.5, scopriamo che i grimlock sono umanoidi con una pelle grigia, scagliosa, e orbite prive di occhi, che vivono nelle profondità della terra ed escono in superficie per catturare schiavi e depredare. Apprendiamo che amano mangiare carne fresca e cruda, preferibilmente umana.

Messa così, a me sembra molto promettente. Perché? Perché io mi immagino questo:

o questo:

ma di sicuro non questo:

e neanche questo:

Non voglio dire che siano illustrazioni brutte, anche se il primo mi ricorda Gargamella e il secondo uno dei Twisted Sisters. Voglio dire che molti mostri hanno descrizioni che danno adito a immagini mentali vivide e paurose, ma una volta “visti” sulla carta perdono intensità. Il Solitario di Providence ha più volte sottolineato che la paura più grande è la paura dell’ignoto. Mostri che vivono al buio, sottoterra, devono avere una connotazione aliena e orrorifica, non possono essere trattati come “normali” avversari da affrontare spada in pugno con lo stesso spirito con cui si affronta una battaglia in campo aperto. Finché è possibile, non vanno mostrati. Devono essere preceduti da inquietanti segni della loro presenza, intravisti con la coda dell’occhio, percepiti nell’oscurità totale prima che sentiti. E non vanno mai, MAI nominati. Descrivere un orrore indicibile alto come un palazzo, con testa da calamaro e ali membranose, che nuota verso di voi sollevando onde gigantesche fa paura, chiamarlo Cthulhu lo addomestica, anche solo un po’. Siamo d’accordo che D&D non è un gioco horror, ma un minimo di atmosfera è necessario crearla, soprattutto con mostri con un potenziale come il grimlock.

Quindi il makeover questa volta non è propriamente rivolto al mostro, ma al modo in cui lo si presenta ai giocatori. Accidenti, a ben vedere persino il verme-iena, che in D&D è una difficoltà minore, quasi comica per personaggi di livello alto, se inserito in una campagna di Mondo di Tenebra, potrebbe essere presentato in modo da far strizzare le chiappe a chiunque.

E qui mi sento di dare un consiglio agli amici Master che non abbiano già questa buona pratica: non nominate mai i mostri ai giocatori. Siamo d’accordo: un goblin è un goblin, ma se è così famigliare non dovreste neppure inserirlo nelle avventure. Ma tutti gli altri, specialmente quelli poco usati, devono rimanere il più possibile ignoti ai giocatori. Non mostrate la loro illustrazione, nemmeno se è bellissima, e non date loro un nome. Prima o poi, a battaglia finita, un giocatore vi chiederà: “Cos’era?” Resistete alla tentazione di dirlo! Se proprio la situazione lo richiede, per esempio se il personaggio è uno studioso di mostri e vuole fare una prova per vedere se riconosce la creatura, potete concedergli la prova e se la prova riesce inventate una descrizione, aggiungete dettagli e possibilmente due o tre nomi alternativi. Per esempio:

“Sembra un Nano, ma questa grottesca caricatura non potrebbe essere definito Nano nemmeno dal più fantasioso degli artisti visionari. Ha la pelle grigio-azzurra, è piccolo, contorto, tozzo, ha una smorfia malvagia sulla faccia e strane cicatrici rituali, probabilmente autoinflitte, sulle braccia e sul collo. Gli occhi privi di pupilla, lattiginosi, sono spalancati nel rictus della morte ma conservano un’espressione malevola. Hai già sentito parlare di queste creature, ma credevi che esistessero solo nelle favole fatte per spaventare i bambini. Vengono detti I Folli, o i Nani dell’Abisso, o anche solo I Maledetti”

è molto più efficace di:

“E’ un Derro.”

Tra l’altro, quando riutilizzerete la stessa descrizione, i giocatori più svegli assumeranno l’espressione luminosa e partecipativa di chi ha riconosciuto la creatura e magari proromperanno in uno spontaneo “li abbiamo già incontrati, quella volta là nelle gallerie sotto Undermountain!” e vi assicuro che, da Master, io VIVO per questi rari momenti. Viceversa, se la volta prima avete dato loro un nome, l’atteggiamento sarà quello del deja vu, della sufficienza. Ah, sì, quei cosi là.

Provate, notate la differenza. Keep gaming.

15 pensieri su “Monster makeover – Grimlock

  1. Sono d’accordo con te: ai primi incontri con dei mostri, mai dire i nomi a meno che non siano mostri con cui i tuoi amici o parenti prossimi hanno avuto a che fare e di cui ti possono avere parlato.
    Unica discordanza, cito: “Siamo d’accordo che D&D non è un gioco horror…”, da giocatore di Ravenloft posso dirti che magari D&D non nasce come gioco tipicamente horror ma si presta benissimo al genere ed anzi, tutto ciò che tu giustamente scrivi, io l’ho interiorizzato giocando proprio con le regole della fiction horror apprese dall’esperienza Ravenloft!
    Termino con una nota di colore: se vuoi vedere come un Grimlock può venire, secondo la mia umile opinione, ridicolizzato nell’aspetto, cerca le immagini dei Grimlocks presentati nella serie Streghe o “Charmed”, li dovresti trovare facilmente.
    Un saluto affettuoso.
    Mr. Mist

  2. Qui non so che dire. Da un lato ti do ragione, ma dall’altro, le descrizioni comportano problemi: se sono lunghe, spezzano il ritmo e può capitare che la gente si distragga (succede anche coi libri. Infatti credo che la soluzione migliore sia quella di spezzare la descrizione inframezzandola con l’azione – per esempio, aggiungendo un particolare dopo che ogni pg o mostro ha svolto il suo round, nel caso di D&D. Magari noti le cicatrici da lontano, ma capisci che sono rituali solo da vicino, perché la distanza non ti faceva notare la loro “regolarità”).

    Dipende anche da come è costruito il mondo – in d&d, mediamente male: la necessità di vendere manuali fa sì che esista tutto quanto in ogni mondo e non sempre i DM si fanno domande sull’ecologia e su come renderla credibile anche nei loro mondi farti in casa.

    Poi, certe porcherie possono essere familiari, per chi è vissuto in un contesto in cui le bestiacce fanno razzie costanti.
    Per loro, quelle robe hanno un nome e non è che uno non abbia paura solo perché le conosce: sapere che un leone è tale non lo rende meno spaventoso, se sei in una condizione in cui possa aggredirti, senza modo di fuggire o difenderti
    In uno zoo, magari, farà meno paura.
    L’orrore si basa anche su quanto è indifeso e impotente il protagonista della storia, ma in d&d, la sensazione di impotenza è deleteria, è un gioco fatto per scassare mostri e vedere il proprio alter ego diventare più forte, e non si può esagerare con le immunità e gli automatismi nel successo dei mostri, perché il gioco ti promette le stelle, ma tu vedi solo il fango.

    Ci sono poi i casi di combinazioni di avventurieri esperti (alti valori nell’abilità) e mostri comuni (e d&d è uno zoo che oscilla tra orrido e ridicolo) per cui darei il successo senza tiro per riconoscere il mostro – magari dopo aver buttato lì qualche parola di descrizione: fino a che non lo descrivi (o non descrivi i segni della sua presenza) non esiste, ergo non lo puoi riconoscere 😛

    Ah, e non dimentichiamo il caso particolare del ranger coi nemici prescelti: per le cose di livello basso, anche a lui/lei manco farei tirare, è il suo lavoro, sapere cosa siano certe bestie…

    Temo di aver sviluppato il discorso in modo un po’ confuso, non dovrei commentare quando sono di fretta, ma la riflessione che hai proposto è troppo ghiotta!

    1. Sono d’accordo, non si può fare di tutta un’erba un fascio. Ci sono mostri che rendono bene anche se sono noti, e per quelli non ha senso fare i misteriosi. Il senso complessivo del mio post è: centellinare le cose belle, valorizzare l’atmosfera di ciascun avversario. Il fatto che in D&D ci sia di tutto e di più (è veramente un carrozzone dei freak) spesso induce a passare sopra a tanti dettagli che, in un contesto meno picchione, possono dare davvero tanto. Poi siamo d’accordo che il wall of text non piace a nessuno, le descrizioni le puoi somministrare a piccole dosi ed essere in questo modo anche più efficace.
      E un altro messaggio che vorrei passasse è: le illustrazioni servono di più al master che ai giocatori. La fantasia è uno strumento potente, bisogna lasciare che i giocatori si costruiscano le immagini mentali che vogliono. Sono andato avanti per anni a fare illustrazioni degli incontri e dei mostri “nuovi”, e i giocatori le gradivano, ma alla fine ho capito che la forza del gioco di ruolo tradizionale è proprio che lavora su un piano verbale più che visivo. E’ il motivo per cui, potendo farne a meno, preferisco evitare le miniature (pur essendo un accanito pittore di mini di tutte le forme e dimensioni).

      1. A proposito di miniature, quando gioco con gli amici usiamo pupazzetti random, come il camaleonte dei sofficini in varie versioni (supereroe, Elvis etc.) XD
        Non dà molto l’atmosfera, ma si riesce a farlo stare in un quadretto della griglia 😛

  3. A mio avviso ci sono molti spunti interessanti anche nella sua riflessione Conte!
    Il contesto sociale e culturale è importante, penso a Mystara, dove un mago di Glantri a 12 anni conosce molti più mostri e creature che un ventenne nel ducato di frontiera a Karameikos; cosa cambia: che nel primo caso la conoscenza sarà più teorica (non vuol dire superficiale) i mostri sono stati studiati anche attentamente, visti da vicino in un circo, probilmente utilizzati come ingredienti per qualche incantesimo; nel secondo caso con quei pochi mostri probabilmente ho avuto a che fare: magari mi hanno anche ammazzato un parente, ho visto e forse persino sperimentato sulla mia pelle cosa sono in grado di fare, per cui sì li conosco e ne ho pure paura! Arriviamo quindi ad un altro momento topico: orrore paura e senso d’impotenza vanno un po’ distinti a mio avviso altrimenti si genera confusione. Premetto sampre che da ex giocatore di Ravenloft il mio punto di vista è parziale. I tre elementi citati sopra sono a mio avviso sempre imprescindibili in quanlunque gdr a carattere fantasy – magico – avventuroso. I personaggi devono confrontarsi con situazioni spaventose, non so voi ma io mi strizzerei non poco ad avere a che fare con mostri antropofagi (e molti dei mostri che incontri lo sono), ma è il rischio e gli avventurieri si chiamano così perchè sono coraggiosi ed affrontanto situazioni che farebbero morire di paura gli altri, poi si può pigiare sull’accelleratore, si possono fare trovare i resti dei pasti dei mostri, una volta misi in un dungeon i vestiti di coloro che erano diventati il pasto di un gruppo di topi mannari: abiti, oggetti molto personali straccati ed insanguinati di quelle che una volta erano persone ed ora erano solo ossa e feci; ammetto che mi sentii io stesso disturbato da quello che descrivevo…
    Sul fatto di essere impotenti non sempre è un male, a me è capitato a volte di incontrare un mostro che non solo non era una semplice riserva di pf da eliminare, ma era anche un bastardo in gamba che sapeva colpirici sulle ns. debolezze tanto era pure astuto, quando incontri uno così o ti adegui subito e questo vuol dire anche scappare a gambe levate per tornare più forti o morire e spesso questo è quello che succede quando ai pg l’ego cresce troppo pensano: di spaccare il culo al mondo poi scoprono che a volte anche il mondo risponde a tono…
    Ciò detto mai esagerare perché se gonfiare l’ego fa male frustrare un giocatore / personaggio è ingiusto e controproducente.
    Chiedo scusa per essere stato prolisso e vi ringrazio per la possibilità di confrontarmi con voi su un tema che mi è caro!

    1. Il punto sta in cosa prometta il gioco: D&D ti promette avventure e botte, più date che prese, anche se bisogna considerare quanto i giocatori siano propensi a ottimizzare i personaggi e quanto il DM sia propenso a farla difficile e ad approfittare delle ingenuità.

      Ovviamente ci si può fare anche altro, ma lì bisogna ri-tarare gli equilibri del gioco, e Ravenloft, in ad&d, non lo faceva benissimo: tendeva a picchiare duro sulle classi, specie quelle particolari con poteri caratteristici – e ancora più quelle divine…
      Avrebbero fatto meglio a rifarle da zero, apposta per Ravenloft, secondo me 😛 avrebbe reso giustizia a un mondo affascinante, che pur nascendo come un patchwork, riusciva ad avere più personalità del mondo ammiraglio, i Forgotten.

      Per come è fatto D&D, secondo me, è meglio che il lato horror sia di cornice, più che un tema profondo: uno horror eroico in cui picchi duro i mostracci, perché tanto è ciò per cui sono fatti gli avventurieri. Altrimenti, è necessario lavorare pesantemente su un gioco in cui i punti ferita subiscono facilmente un’inflazione verso l’alto, col passare dei livelli, e in cui gli incantatori piegano pesantemente la realtà (se hanno gli ingredienti per le magie). E ovviamente non si può risolvere a botte di immunità e save or die…
      Probabilmente, l’unico modo non snaturante per fare il genere horror con D&D risiede nei bassi livelli: uno o due livelli sotto la minaccia potrebbero bastare.

      Sempre che non sia già stata presentata una taratura efficace: la quinta edizione non la seguo da un po’ (ho amici che non amano d&d e amici che non si spostano dalla terza, che non amo molto) non so come sia la campagna di Ravenloft uscita alcuni anni fa, né altri supplementi.

  4. Ravenloft era un’ambientazione meravigliosa, aveva un potenziale enorme. Purtroppo era talmente bella che mostrava i limiti del sistema al di fuori del contesto picchia e spacca, era come una Ferrari con montato il motore di una 500. Ma che fascino!

  5. Eh sì avete ragione mi manca tantissimo Ravenloft, ho persino pensato di rivederla daccap con un altro sistema di gioco, ma dovendo farla di moto proprio e senza un gruppo dietro per fare avventure… il progetto si è arenato! 😦

    Comunque sono d’accordo con il Conte Gracula: la promessa di un gioco, intesa come: sistema, ambientazione e, aggiungerei, anche master è fondamentale!

    1. Anche Mask of the Red Death era bellissima, gettava alle ortiche il labile collegamento con il mondo medievaleggiante di D&D e ti catapultava in un’era Vittoriana fantastica.

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