
Ok, abbiamo deciso – per le più svariate motivazioni – di creare il nostro GDR fatto in casa.
Le prime due cose da domandarci sul gioco che stiamo per creare sono:
- Quali sono gli obbiettivi dei giocatori?
- Quali sono gli obbiettivi dei personaggi?
Non si tratta della stessa cosa, e i due concetti vanno tenuti distinti il più possibile e esplicitati correttamente prima di iniziare a scrivere le regole. La risposta a queste due domande vi darà la definizione del vostro gioco.
Obbiettivi dei giocatori
Si potrebbe essere tentati di rifugiarsi nella tripartizione del big model, ma date retta a me, non fatelo. Il big model non serve a una fava. Ok, prima di preparare il lanciafiamme considerate questo: la teoria è bella, ma serve a spiegare alcuni aspetti del gioco di ruolo, NON a creare giochi interessanti. Anche perché è una teoria estrapolata dalla realtà, e, come tutti i modelli, serve solo in certi contesti. I modelli non sono la realtà. I modelli servono a capire la realtà, ma la realtà è complessa, multiforme, ed è sempre – per definizione – un passo avanti a qualsiasi modello che tenti di definirla.
Quindi va bene domandarsi “i miei giocatori sono narrativisti o simulazionisti?”, ma la risposta a questa domanda vi dirà tutt’al più che gioco non fare, non che gioco fare. Ogni gioco di ruolo degno di questo nome deve poter soddisfare – almeno un po’ – tutte e tre le creative agendas, se non altro perché non esiste un esempio “puro” di giocatore animato da una singola creative agenda, e questo per espressa ammissione di chi il big model lo ha creato e sviluppato.
Quindi è molto meglio chiedersi onestamente e semplicemente: “Cosa vogliono fare i giocatori quando giocano a questo gioco?” e rispondersi in maniera altrettanto onesta e semplice. Vogliono far diventare potente il loro personaggio. Vogliono immedesimarsi totalmente. Vogliono affrontare sfide intellettuali. Vogliono vivere storie complesse e interessanti. Vogliono ridere. Vogliono piangere. Vogliono provare orrore. Vogliono vincere (insolito per un gdr, ma fattibile). Si noti che questi sono gli obbiettivi dei giocatori, la spinta che li induce a sedersi al tavolo da gioco e a giocare a questo gioco piuttosto che a un altro. Non hanno nulla o quasi nulla a che vedere con gli obbiettivi dei personaggi. Certamente l’immedesimazione di cui si nutre il GDR porterà i giocatori a identificarsi con gli obbiettivi dei loro personaggi, ma in sede di game design questi concetti vanno trattati separatamente.
Immaginiamo che io mi prefigga di fare un gioco in cui l’obbiettivo dei giocatori è di “ridere”. Dovrò creare un gioco parodistico, o buffo, o strampalato, ma gli obbiettivi dei personaggi non potranno essere “ridere”. Loro avranno i loro obbiettivi, magari serissimi (per esempio, sopravvivere a un padrone dispotico e violento). Il gioco avrà però delle regole che orientano l’interpretazione verso uno stile leggero, e verrà fuori una cosa alla “My life with master” o, anche se non è un gioco di ruolo, a “Sì oscuro signore”. Ora immaginiamo che l’obbiettivo dei giocatori debba invece essere “provare paura”. Abbiniamolo all’obbiettivo dei personaggi “sopravvivere a un padrone dispotico e violento”. Ne nasce un gioco cupo, drammatico, dalle tinte fosche. Un vero gioco horror. Non ho scritto ancora una riga del regolamento, ma so già dove dovrò mettere le mani per supportare con le regole gli obbiettivi che ho determinato.
Obbiettivi dei personaggi
Anche gli obbiettivi dei personaggi sono molto importanti. I giochi in commercio ci possono fornire esempi molto chiari. Provate a individuare i giochi a cui mi riferisco (talvolta sono più di uno per ogni categoria):
- i personaggi vogliono affrontare trappole e mostri pur di accumulare tesori e oggetti magici (questo è facile)
- i personaggi vogliono guadagnare sicurezza e potere nella perenne lotta con le altre fazioni, imparando a convivere con la loro condizione di non morti
- i personaggi vogliono salvare il mondo dai supercattivi, usando i loro superpoteri (duh…)
- i personaggi vogliono sopravvivere a un’invasione di zombi
- i personaggi vogliono evitare di essere terminati dal supercomputer che domina ogni aspetto della loro vita
- i personaggi vogliono indagare sul paranormale
- i personaggi vogliono indagare su tomi misteriosi e culti oscuri e blasfemi, mantenendo la sanità mentale e possibilmente restando vivi (eh eh eh…)
Che ne dite? Sembra impossibile che giochi tanto complessi si possano riassumere in mezza riga, ma è così.
Quando giudichiamo un gioco dal punto di vista tecnico, dobbiamo domandarci: le regole supportano gli obbiettivi dei giocatori e dei personaggi, oppure li ostacolano, li confondono in qualche modo? Ebbene, dobbiamo chiederci la stessa cosa quando inventi
amo il set di regole per il nostro gioco.
Se stabilisco che i giocatori avranno come obbiettivo primario quello di potenziare il loro personaggio, e come obbiettivo secondario quello di immedesimarsi in un mondo coerente e credibile, non avrò necessità di creare regole dettagliate per favorire una narrazione interessante, di stampo “letterario”. Se l’obbiettivo dei giocatori è di ridere e quello dei personaggi è di salvare il mondo dai supercattivi con i loro superpoteri, cosa me ne faccio di regole dettagliate sulle varie forme di governo? O di una tabella sul costo dei cibi? Ricordiamo sempre che il gioco di ruolo è prima di tutto gioco. In quanto gioco, deve avere uno scopo, che è diverso e ulteriore rispetto all’immedesimazione fine a sé stessa. Nessun gioco di ruolo può sopravvivere se tutto quello che fa è farti vivere in una realtà di fantasia. Mancherebbe l’elemento “gioco”. Resterebbe solo il “ruolo”. Anche il simulazionista più puro ha bisogno di sfide, storie, conflitti.
Dico questo perché troppo spesso si vedono tentativi di creare giochi di ruolo “generalisti”, che contengono meccaniche generiche, non finalizzate a precisi e specifici obbiettivi (dei personaggi e dei giocatori). Sono in sostanza dei “simulatori di realtà”. Questi regolamenti celano al loro interno obbiettivi (per i giocatori e per i personaggi) ondivaghi e contraddittori, perché non sono esplicitati nè perseguiti con lucidità. Un gioco come GURPS è adattabile a una infinità di ambientazioni, ma è sempre lo stesso gioco. Il problema è che la sua adattabilità lo priva di carattere. Spetta al Master riempirlo di volta in volta di contenuti (leggasi: obbiettivi per i giocatori). Gioco a GURPS-Dungeon? Prendo in prestito gli obbiettivi di D&D. Gioco a GURPS-Vampiri? Prendo in prestito gli obbiettivi di Vampiri. E’ chiaro però che le stesse meccaniche non possono supportare adeguatamente giochi con obbiettivi così diversi, per cui o da una parte o dall’altra le meccaniche non risultano adeguate (o magari da nessuna delle due parti, chissà).
A ben vedere, se un gioco non supporta degli obbiettivi chiari, non è nemmeno possibile giudicare la bontà del regolamento.
Per esempio: E’ meglio un gioco in cui il personaggio è descritto tramite due statistiche (Fisico e Intelligenza) oppure uno che ne utilizza tredici? La risposta è: non lo so, non posso saperlo. Dimmi su che cosa è il gioco. Cosa vuoi ottenere? A cosa serve la descrizione del personaggio nel tuo gioco? Come dici? Dovrà risolvere gialli come Hercules Poirot? Allora ti bastano due statistiche: Intelligenza e Baffi. Ma perché piuttosto non ti domandi come farà questo nanerottolo pomposo a raccogliere i suoi indizi? Parlerà con tutti i sospettati, chiaro. Ma il gioco sarà condotto in prima persona oppure tramite prove di abilità oratoria? E’ meglio prevedere una abilità diversa per ogni possibile approccio (minaccia, astuzia, finto tonto alla Colombo, deduzione ferrea alla Holmes?) oppure lasciare tutto all’interpretazione dei giocatori? Scelte, scelte, scelte…
L’unica bussola affidabile in questa giungla è la duplice natura degli obbiettivi del gioco: obbiettivi dei giocatori e obbiettivi dei personaggi. Provare per credere.
La prossima volta proviamo ad affrontare un argomento un po’ ostico, con il quale combatto da anni senza essere ancora riuscito a venirne a capo del tutto: l’alea.
Dadi, carte, monetina, karma. Statistica. Bleah.
Totalmente d’accordo: non esiste un regolamento per tutte le stagioni (e per tutti i giocatori) . È una battaglia che combatto ogni volta che devo organizzare qualche evento
Ps. Non ho sgamato il gioco con le indagini sul paranormale
Ps 2″si oscuro signore” è un gdr
credevo fosse un gioco di carte, non ci ho mai giocato, so solo che devi dare la colpa agli altri
È un gioco di carte ma può essere definito un gdr demenziale
di giochi sul paranormale ce n’è più di uno, vediamo se altri lettori azzeccano qualche titolo
Io penso solo a “Mondo di Tenebra” sia per horror che paranormale.
in effetti non ho pensato a un gioco solo, ma a una imprecisata “nuvola” di giochi vagamente orientati all’horror che non fossero lovecraftiani… ma visto che Lirin sta facendo un giochino, lascio che emerga qualcosa… probabile che salti fuori qualche gioco a cui non avevo nemmeno pensato
su twitter me ne hanno indicati 2 🙂 sul blog nessuno ancora. Io attendo fiduciosa
Al di là del fatto che condivido il tuo pensiero, sia di questo che di altri articoli, sia che ritengo che tu sia bravo nel tuo lavoro, tu hai decisamente sbagliato carriera (senza offesa).
no anzi, lo prendo come un complimento!
apprezzo molto l’approccio, che è, secondo me, sostanzialmente corretto anche se non ne trovo riscontro nelle letteratura sul game desing corrente. L’accenno al BM è fuorviante perché sebbene non direttamente connesso con la pratica, è indispensabile nel bagaglio culturale di un game designer completo e di fatto, permea indirettamente ciò che uno realizza tanto che quello che dici dopo potrebbe essere frutto della conoscenza del BM (pur non essendolo). Ovviamente non è il solo modello ne bastevole a fare un bel gioco.
hai ragione, mettiamola così: il BM devono conoscerlo tutti, perché come diceva Gentilucci nel suo Trattato di Teoria “l’arte senza cultura è un edificio senza fondamenta”. Solo, quando ci mettiamo a inventare, la teoria resta sullo sfondo e le domande da porsi sono molto più terra-terra. Se parto con l’idea “faccio un gioco per accontentare i gamisti” corro dietro a una chimera. Se però non so cos’è il gamismo magari perdo tempo a reinventare l’acqua calda (e pure male)…