
Ultimamente mi sono imbattuto in un post molto polemico riguardante le velleità di autori che possiedono (quasi) tutti i Master e molti giocatori di ruolo: http://www.gdrzine.com/2014/12/04/pensi-che-il-gioco-che-hai-scritto-sia-figo-ti-sbagli-ecco-il-perche/
Questo articolo mi ha disturbato, all’inizio non sapevo neanche il perché. Di certo non il tono da rant, perché in giro si vede di peggio. Forse mi sono sentito chiamato in causa, perché tutto sommato sono anni che scrivo e rimaneggio giochi di ruolo fatti in casa. In realtà, rileggendo l’articolo mi sono reso conto che non mi riguarda: non ho mai pensato di essere originale nè ho mai chiesto a chicchessia di pubblicare/recensire/vendere le mie creazioni; tanto meno ho mai spacciato i miei giochi per capolavori degni di divulgazione universale.
Poi ho capito che quel che non mi piaceva dell’articolo è soltanto il fatto che accomuna gli autori che ambiscono a essere pubblicati o a vendere il proprio prodotto con gli autori che scrivono solo per il proprio gruppo di gioco.
Non è possibile domandare retoricamente ai novelli autori di gdr “Perché designer che lavorano per multinazionali da anni fanno sistemi sbagliati e fallati, e voi (e le centinaia di altri come voi) no?” sottintendendo “siete tutti dei cretini, perché è chiaro che i vostri sistemi fatti in casa sono inferiori a quelli fatti dalle suddette multinazionali”.
La risposta alla suddetta domanda retorica, che sembra sfuggire all’autore, è semplice: “perché i designer che lavorano per multinazionali fanno sistemi che devono vendere, quindi devono andare bene per tutti o comunque per molti, e ciò è molto difficile, mentre fare un sistema che va bene solo per sè stessi e i propri amici è facile”.
Sarebbe come dire: la distribuzione di linux basata su Debian che ti sei fatto in casa funziona solo con i tuoi computer, quindi è una merda (tanto per citare il linguaggio forbito dell’autore del rant). Evitate di farvi le vostre distribuzioni, eretici ignoranti! Ce ne sono già a centinaia! Possibile che la vostra distro personale sia migliore di Ubuntu o Slackware?
Eh, sì. Perché è fatta apposta per la macchina su cui deve girare. Perché il corredo di software non contiene spazzatura che non utilizzerai mai, ma solo ciò di cui hai veramente bisogno. Perché quando accendi il computer vengono caricati solo i moduli che servono e non una miriade di cose inutili che rallentano il sistema e non servono a una fava.
Ovvio, se pretendessi di divulgare la mia distro personale come possibile rivale di Ubuntu sarei in grave errore. Rientrerei pienamente nella categoria su cui spara a zero l’autore.
Uscendo di metafora, non è vero che i giochi fatti in casa siano per forza inferiori a quelli pubblicati. E’ possibile, anzi è probabile che centinaia di sistemi autoprodotti siano buoni sistemi, ciascuno adatto al gruppo che li ha generati. Prendiamo Dungeon Hack. Sarei pazzo se pensassi che un gioco-Frankenstein come quello possa essere pubblicato ed essere giocato dalla generalità dei giocatori. E’ un gioco costruito sulle esigenze di un singolo gruppo, avendo in mente quello che vogliono otto-dieci giocatori che conosco benissimo, di cui ho ben presente i desideri, la preparazione teorica, la creative agenda e il modo di relazionarsi agli altri. Il manuale del master è un abbozzo, un pro-memoria per me e per i due o tre amici che si cimentano periodicamente nella difficile arte del Mastering. La forma è approssimativa (ma non l’italiano, quello no). Non ci sono spiegazioni su cosa sia un gioco di ruolo, la maggior parte dei termini è data per scontata e il gioco dei richiami al genitore D&D è più che palese.
E’ una merda?
No, è una merda per la pubblicazione. Ma è ottimo per il suo scopo: farci giocare insieme, divertendoci e facendo leva su un bagaglio di nozioni consolidate che non hanno bisogno di essere spiegate più di tanto, evitando regole e impostazioni che a noi non andavano bene senza per forza doverci sorbire pregi e difetti di un altro sistema commerciale.
L’errore frequente – ed è qui che do ragione al blogger che ha scritto l’articolo – è di ritenere che ciò che va bene per il proprio gruppo vada bene per tutti quanti (o per molti). La soluzione però non è dire a priori “il tuo gioco fa schifo, lascia perdere”. Spesso gli autori più promettenti sono schivi, anche troppo consci dei propri limiti, e un atteggiamento disfattista li può demoralizzare, privando il panorama di un autore potenzialmente valido, mentre continueranno a imperversare gli idioti che hanno nell’ego ipertrofico la loro unica arma. Tra l’altro, talvolta nella massa di giochi pubblicati se ne trova uno che ha alle spalle un’origine umile, quale è quella di essere stato creato per uso privato e poi divulgato perché conteneva buone idee.
Il mio approccio, alquanto pragmatico, è il seguente: basta che funzioni. Creare il proprio gioco non è un delitto, anzi è in qualche modo connaturato al gioco di ruolo stesso. Non è nemmeno un obbligo: se non ce n’è bisogno o se il compito vi spaventa, scegliete il sistema che più vi piace e al limite aggiungeteci un paio di house rules. Ma se ne vedete l’esigenza, o anche solo per mettere alla prova la vostra creatività, create un gioco. Fatelo! Non sarà originale, non cambierà la storia, ma avrete la soddisfazione di aver fatto qualcosa di su misura per voi e i vostri amici. Inoltre – e non è un vantaggio da poco – il solo fatto di riordinare le idee e svolgere qualche ricerca su teoria e pratica dei gdr vi renderà giocatori-master-autori migliori e più consapevoli. Il che non fa certo male.
E siccome in materia di customizzazione estrema comincio ad avere un po’ di esperienza (al contrario della scrittura per la pubblicazione, a cui non mi sono mai dedicato), i prossimi post avranno un tema generale che li unisce: i sistemi e le tecniche per farsi un gioco in casa, il cui scopo sia solo quello di adattarsi a un gruppo ben preciso di gioco, e non – ripeto non – pubblicarlo o spacciarlo per originale. Non si tratterà di un manuale a puntate su come farsi un gioco da zero, quanto piuttosto uno sguardo su alcuni temi importanti sui quali si deve necessariamente meditare prima di mettere mano alla penna al word processor. E chissà che non ne esca qualcosa di buono.
In un primo momento avevo intenzione solo di mettere un mi piace, poi ripensandoci bene ho deciso di esprimere una mia idea.
Ho letto tutto l’articolo in questione e se devo dirla tutta, mi è sembrato pieno di ovvietà.
Innazitutto bisogna vedere se ciò di cui si sta parlando è effettivamente il sistema di gioco o l’ego del creatore.
E’ chiaro che tra tutti i sistemi autoprodotti il (metto una percentuale a caso ma solo per rendere l’idea) 99% siano solo scopiazzature o sistemi assolutamente non validi alla diffusione, ma c’è anche da tener conto che comunque sono la spina dorsale di quelle poche e piccole idee che vengono introdotte nei giochi delle grandi multinazionali per creare il prodotto più commerciabilizzabile e innovativo che si può. Senza questi chiamiamoli “maldestri tentativi”, non penso proprio che i prodotti più conosciuti, sarebbero stati tali. Nessuno può convincermi che un grande autore di GDR crei tutto dal nulla e non si faccia influenzare nella creazione del gioco da idee di altri sistemi minori che ha letto o potuto provare. Sicuramente in ogni gioco può esserci un elemento innovativo valido che merita di essere adattato, migliorato e quindi inserito in produzioni maggiori, così come sicuramente viene fatto.
Avrei altre cose da dire ma penso che basti questo per farmi sparare ad altezza d’uomo da qualcuno.
Chiunque scrive un articolo o ne commenta uno, deve accettare l’opinione (sempre espressa in maniera garbata) altrui. Magari non condividerla, ma accettare che altri la pensano in maniera diametralmente opposta.
Quindi se vuoi un fucile, vieni pure a casa mia, ma non dirlo a nessuno.
Se non ci fosse chi cerca di creare qualcosa di nuovo, non ci sarebbero nuove idee. E semplicemente vedere da un’angolazione diversa qualcosa di già visto può essere interessante. Ovvio che chi lo fa per lavoro, crea un qualcosa da vendere, una persona che crea un sistema (basato magari su cose già esistenti) per il suo gruppo di amici, parte da concezioni totalmente diverse. In sostanza, come dice Mescal il 99% saranno scopiazzature, ma nascosto in quell’uno percento può esserci un gioco o un’idea valida, almeno per voi. l’importante è non montarsi la testa, ma soprattutto divertirsi con i propri amici!
L’articolo originale mi era piaciuto a suo tempo, perché era contestualizzato rispetto alle discussioni che serpeggiavano sui social ed era una risposta, volutamente sarcastica, al giocatore di turno che propone un gioco senza conoscere le basi del design, con risultati scontati.
Il punto dell’articolo, forse non ben evidenziato (il sarcasmo sfiora il rant), non era tanto che i giochi fatti in casa sono inferiori, quanto che per fare un gioco decente servono specifiche competenze: non basta aver viaggiato su un aereo per saperne costruire uno.
Infatti sono riuscito a considerarmi d’accordo sul contenuto dell’articolo solo quando sono andato oltre il sarcasmo che lo pervade. L’ambiguità sul bersaglio del rant comunque resta. C’è la sensazione che la morale sia “piantatela di fare giochi se non sono veramente originali”. Il che, di per sè, non mi trova d’accordo. Sono con lui quando dice: “prima di cercare di pubblicare fatevi una cultura”. Questo sì.
Totalmente d’accordo con quanto scritto da Pennymaster un po’ meno con il post linkato, sia per i motivi già espressi in precedenza sia per l’eccessiva generalizzazione del post linkato.
Verissimo che è difficile che qualcuno abbia un’idea originale mai avuta prima da nessuno e che questa idea funzioni, ma ciò non è sufficiente per smettere di provare.
Sacrosanto che per creare un GDR occorrano competenze, così come per scrivere un libro, dipingere un quadro, correre i 100m, ma dare per scontato che nessuno possa avere un’idea originale o reinterpretare in maniera nuova e intelligente un’idea già esistente è la morte della creatività.
Ci sarebbe molto da dire sulla qualità dei sistemi dei giochi in commercio ma andrei troppo OT
Vai pure OT, qui non ti fucila nessuno. La mia vita è OT, sono una creatura costantemente OT, è quello il bello.
che OT sia dunque!
Prendiamo ad esempio un gioco che io reputo un capolavoro (e sono in buona compagnia): Vampire the Masquerade.
Gioco stupendo, dicevo, ma viene spesso da pensare che quel gioco non abbia mai avuto una beta. Seriamente, anche mettendocisi di impegno un gruppo di amici potrebbe scrivere un regolamento peggiore, soprattutto sul lato del combattipento e dei punti salute. In dieci anni che ci gioco, si è sempre usato un sistema home-made per gestire il combattimento e la morte dei PG senza complicarsi troppo la vita.
Sotto il punto di vista del sistema di gioco VtM fa schifo, è peggio del peggior incubo che un entusiasta autore amatoriale potrebbe concepire. Eppure è una pietra miliare del GDR.
Purtroppo non c’è una regola per creare un capolavoro o più semplicemente per sfornare un titolo che venda.
Forse in questo momento in una mansarda disordinata un nerdone sta illustrando una sua idea per un GDR che potrebbe essere la prossima pietra miliare, ma noi non lo sapremo mai perché un suo amico gli sta dicendo che c’è già qualcosa che ha punti in comume.
@Lirin: hai perfettamente ragione. Il fatto è che VtM è tutto incentrato sull’atmosfera, sull’ambientazione (e in quello hanno fatto davvero un buon lavoro) e nel resto hanno raffazzonato un sistema che fa acqua da tutte le parti. Non a caso è uno dei sistemi più criticati. In generale, è mia opinione che la maggior parte dei sistemi pubblicati non faccia altro che rimestare sempre la stessa brodaglia. Quello che invece i gdr pubblicati fanno benissimo è la finitura del prodotto, vero punto dolente per l’autore fai-da-te. Per finitura intendo la presentazione grafica, l’impaginazione, la cura per i dettagli, la godibilità “trasversale”, cioè adatta a diversi stili di gioco. Mettiamoci anche la resa in italiano, che è quasi sempre ben fatta, mentre non è facile trovare qualcuno che scriva bene in italiano nel panorama “indie”. Quando leggi un gdr autoprodotto che contiene errori di ortografia ti scappa tutta la poesia. Magari è pieno di buone idee, ma sembra scritto da un cialtrone.
Il punto è: spesso le buone idee vengono a chi non sa svilupparle, mentre chi ha i mezzi e le strutture per svilupparle si accontenta di andare sul sicuro e non punta all’innovazione. I gdr non sono certo l’unico campo in cui funziona così.